In questi giorni si fa un gran parlare di escalation, è diventata una parola-mantra, una di quelle che a forza di ripeterla magari diventa un fatto. L'escalation riguarderebbe le relazioni tra Russia e Occidente, visto che si sente sempre più spesso la parola «nucleare». Si è cominciato qualche giorno fa con l'ennesima puntata della trita propaganda russa, che immancabilmente minaccia l'armageddon ogni volta che l'Europa promette armi all'Ucraina: guarda caso, sono affiorati un po' di vecchi documenti militari russi (naturalmente segretissimi) da cui si apprende che il Cremlino sarebbe pronto a usare le sue atomiche tattiche quasi con leggerezza, se lo ritenesse necessario. Scopo della diffusione di queste carte ingiallite? Quello di sempre: spaventare le opinioni pubbliche occidentali e dar fiato al pacifismo codardo, quello che «l'Ucraina non ci riguarda, diamo a Putin quello che vuole purché ci lasci in pace». Il Wall Street Journal pubblica il piano di «pace» russo del 2022 secondo cui l'Ucraina sarebbe diventato una sorta di Stato fantoccio della Russia che avrebbe certificato il controllo sulla Crimea.
Poi è saltato fuori Emmanuel Macron. Il quale ha i suoi motivi per avercela coi russi (gli hanno portato via sotto il naso la Françafrique che Parigi controllava da settant'anni) e inoltre punta a un ruolo guida nel processo di riarmo europeo innescato dalla Russia stessa invadendo l'Ucraina. Macron ha detto che forse un giorno, piuttosto che permettere a Putin di vincere la guerra e di arrivare imbaldanzito coi suoi carri armati ai confini europei, potrà essere necessario inviare truppe Nato a sostegno della difesa dell'Ucraina. Apriti cielo: guerrafondaio (lui, non Putin...), irresponsabile, politico fallito, eccetera. Gli stessi alleati occidentali hanno replicato che non se ne parla. Nessuno che abbia notato che, così parlando, Macron ha facilitato il necessario riarmo europeo a favore (anche) dell'Ucraina, inducendo tutti a meglio considerare le alternative.
A Macron ha risposto, indirettamente, lo stesso Putin. Con un cumulo di minacce all'Occidente in cui la parola «nucleare» è stata spesa con generosità, tanto le parole non costano niente. Un discorso che in realtà serviva a compattare il fronte interno, perché in Russia le imminenti presidenziali sono truccate come quelle di ieri in Iran, ma non si sa mai: e il tema dello scontro di civiltà con l'odiato e invidiato Occidente tira sempre, specie se ben innaffiato da una propaganda senza diritto di replica.
Ieri, infine, prende la parola da Oltreatlantico il numero uno del Pentagono, Lloyd Austin. Il quale dice una cosa ovvia: se l'Ucraina perdesse questa guerra, la Nato potrà dover combattere contro la Russia. Il senso della frase è: l'Ucraina questa guerra non la deve perdere, perché Putin ha dato troppi segnali di non volersi fermare lì, quindi è il caso di fornire agli ucraini le armi necessarie a combatterla loro sul proprio territorio, prima che arrivi sul nostro.
Riapriti cielo: Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, replica subito con la consueta sfacciataggine che «ora è chiaro a tutti che l'aggressore è Washington». Un'escalation di parole. Intanto, il fronte in Ucraina rimane fermo. E le atomiche russe ben chiuse nei silos. Perché Putin sarà anche un criminale, ma non è stupido.
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