La sorte del Monte Paschi ha ormai i giorni contati. Il rischio che esso fallisca, per colpa del governo Renzi ora diventato Gentiloni che ha cercato di guadagnar tempo, è molto alto. Il tempo è scaduto.
Se Mps fallisse ci sarebbero ripercussioni su tutto il sistema bancario italiano proprio mentre Unicredit sta mandando a buon fine il suo aumento di capitale. Il nostro debito pubblico, di cui le nostre banche detengono una fetta cospicua subirebbe un duro colpo. Se i piccoli e medi risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate di Mps non aderissero in misura semi totalitaria alla conversione in azioni della banca senese, il divario fra il capitale esistente e l'aumento di capitale aggiuntivo necessario, perché questa banca sia considerata solvibile sarebbe troppo grande per essere coperto dagli azionisti privati attuali. E gli altri operatori finanziari (grossi fondi di investimento mobiliari e fondi sovrani di stati esteri) potrebbero trovare troppo rischioso questo impiego. Dunque, sarebbe necessario e doveroso l'intervento dello Stato, che già possiede una quota del 4% della banca, dato che la sola alternativa a ciò sarebbe il discredito del sistema Italia e del governo che lo guida, nonché dei due precedenti, tutti con maggioranza Pd, che è anche il partito che ha controllato questa banca sino ad ieri I detentori di bond subordinati non otterrebbero di certo un rimborso apprezzabile in tempi ragionevoli perché Mps andrebbe in rovina e lo Stato non sarebbe in grado di indennizzarli di più e meglio di quello che sta facendo nel caso di Banca Etruria, cioè solo fumisterie. È razionale che questi risparmiatori accettino la conversione in azioni. Ma non è detto che i risparmiatori ora facciano scelte razionali. Dunque il ministro dell'Economia del governo Gentiloni deve dichiararsi pronto a intervenire.
Per il sistema banche-debito pubblico ci troviamo in una situazione simile a quella fra la fine del 2011 e il 2012, in cui si era scatenata la speculazione e si dava per certo in autorevoli ambienti finanziari internazionali, che entro un anno l'Italia sarebbe fallita. Bastò che Draghi, da poco presidente della Bce il 26 del 2012 a Londra annunciasse che avrebbe preso qualsiasi misura prendibile perché un Paese dell'euro sotto attacco non fallisse, per calmare la speculazione senza che la Bce spendesse un euro.
In questo caso, se lo Stato dichiarerà in modo chiaro che è pronto a intervenire e le forze politiche di opposizione diranno che sono disposte a sostenere il decreto turandosi il naso, la crisi bancaria sarà scongiurata e il risanamento di Mps avverrà nel modo meno oneroso per tutti.
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