Piana infangato sui festini a Genova

Indagine chiusa, il vice della Regione "estraneo ai fatti". La Lega: "Il pm paghi"

Piana infangato sui festini a Genova
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Avevano chiesto le sue dimissioni dalla vicepresidenza della Regione, sostenendo che fosse «condizionabile», cioè ricattabile, per avere partecipato a festini a luci rosse. Per lo stesso motivo la sua candidatura a guidare la Liguria del dopo-Toti, che per molti versi sarebbe stata naturale, era stata scartata sul nascere. Ora si scopre che Alessandro Piana, uomo di punta della Lega in Liguria, non ha mai partecipato in vita sua a incontri hard con prostitute maggiorenni o minorenni. La stessa magistratura che aveva riportato il suo nome in un'ordinanza di custodia finita immediatamente sui giornali, oggi riconosce che si è trattato di un errore. Non era Piana, la persona di cui si parlava in una intercettazione. Nel frattempo, per più di un anno Piana è rimasto su una graticola continua, esposto a una gogna mediatica alimentata da quella unica, singola citazione nell'atto giudiziario approdato nelle redazioni.

Era iniziato tutto il 9 ottobre dello scorso anno, quando un imprenditore e un architetto genovesi finirono agli arresti come organizzatori di un giro di squillo di alto bordo, fanciulle vestite da crocerossina sexy e party a base di ecstasy in appartamenti di lusso e ville sulla Riviera. A partecipare, uomini di affari e delle professioni della buona società locale. Ma la ciliegina sulla torta, il dettaglio che dalle pagine locali aveva catapultato la notizia sulle cronache nazionali, era uno solo: «Poi sarebbe comparso anche un politico non certo di secondo piano, Alessandro Piana, vicepresidente della Regione».

Non era una invenzione dei giornalisti. Il leghista era citato con nome, cognome e carica in un passaggio del mandato di cattura per i due arrestati. Il festino del 3 marzo 2022 «avrebbe visto la partecipazione come ospiti» di Piana e di un notaio. Fonte della notizia, una intercettazione tra l'architetto Alessandro Cristilli e la escort Jessica Nikolic. La ragazza quando gli inquirenti le mostrano la foto di Piana risponde: «Gli somiglia».

Invano Piana si precipita a spiegare di non avere mai fatto un'orgia in vita sua, di non avere mai assaggiato droghe, che la sera dell'1 marzo era impegnato a casa per una call per Vinitaly. Il marchio gli resta addosso, viene sventolato in ogni occasione, ne condiziona la vita privata e pubblica. Ora è la stessa Procura della Repubblica, nell'avviso di conclusione delle indagini, a farlo uscire di scena. L'avviso di conclusione delle indagini cita i clienti delle serate hard. Ma il nome di Piana non c'è più. Tutto uno sbaglio, forse colpa di una intercettazione trascritta male. Ma Piana non accetta a chiudere la faccenda come un incidente fortuito. «È la fine di un incubo. Una vicenda che lascia perplessi perché arriva dopo le elezioni e dopo la nomina a vicepresidente. L'indagine era chiusa da mesi e l'avviso guarda caso è arrivato ora. Continuo ad avere fiducia negli organi inquirenti ma purtroppo c'è ancora chi fa magistratura facendo politica, e questo non è giusto in un paese civile». E la Lega scrive in una nota: «Piana ha subìto attacchi e fango per un anno.

Ora emerge che era tutto un equivoco, un errore che però ha rischiato di rovinare la vita a un onesto cittadino. I giudici che commettono errori gravi sulla pelle delle persone dovrebbero pagare i danni, di tasca loro».

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