Stanno preparando un'altra riforma in stile split payment. Una «polpetta avveleneta camuffata da favore». Apparentemente a saldo zero, senza costi aggiuntivi per il contribuente. Anzi ufficialmente la motivazione è semplificare la vita alle partite Iva alle prese con l'eredità pesante della pandemia. In realtà i cambiamenti che il governo potrebbe varare a breve potrebbero rivelarsi dannosi per chi svolge un'attività autonoma, con una sottrazione di liquidità proprio nel momento peggiore.
L'allarme è arrivato ancora una volta dall'ex viceministro all'Economia Enrico Zanetti e riguarda un annuncio fatto tempo fa dal direttore dell'Agenzia delle entrate Ruffini. In sintesi, il governo sta studiando di introdurre una riforma nella riscossione delle imposte sul reddito di partite Iva e piccole imprese: l'abbandono del meccanismo basato sugli acconti di giugno e di novembre per passare a un versamento su base mensile o trimestrale. Un criterio puramente di cassa, quindi, simile a quello già in vigore per l'Iva.
Più che una semplificazione un modo per migliorare la situazione di cassa dello Stato, a quanto pare. L'abbandono del metodo degli acconti avrebbe infatti delle motivazioni molto contingenti e poco strutturali. «Essendo il 2020 un annus horribilis per le partite Iva - spiega Zanetti - gli acconti 2021 di giugno e novembre, calcolati sul reddito 2020, saranno molto bassi e l'Erario dovrebbe attendere il saldo di giugno 2022 per incassare. Se invece l'Erario comincia già da febbraio 2021 ad incassare sul reddito provvisorio del mese di gennaio 2021 (e così via mese dopo mese), i soldi entrano nelle casse dello Stato (ed escono dalle tasche delle partite Iva) molto prima».
In sintesi, si sottrarrà liquidità a categorie che nell'anno di imposta appena terminato (quello attuale) hanno sofferto. «La cosa divertente è che questa operazione non viene presentata in questi termini, ma come un cambiamento di semplificazione a vantaggio delle partite Iva», ha commentato Zanetti, che spera ancora di fermare questa riforma.
Effettivamente l'annuncio di Ruffini aveva incassato più consensi che proteste. Il capo dell'agenzia delle Entrate in una audizione parlamentare aveva spiegato che per le partite Iva «anche psicologicamente dover versare le imposte in acconto dell'anno in corso e di saldo dei redditi incassati nell'anno precedente, è qualcosa che non agevola il far pace tra amministrazione finanziaria e contribuenti».Vero in una situazione di relativa stabilità. Ancora più vero se fatturati o compensi di un lavorare autonomo o di un professionista è in crescita.
Un po' meno vero per la dichiarazione sui redditi dei mesi post lockdown.
La proposta era stata lanciata in luglio, mentre i professionisti chiedevano al governo di spostare le scadenze del 20 agosto. Appello inascoltato dal governo, per ragioni di cassa. Uno degli effetti della crisi da covid e dal lockdown è stato un drastico calo delle entrate tributarie e contributive. Nei primi sei mesi dell'anno sono diminuite del 7,4%, pari a 24 miliardi di euro in meno rispetto all'analogo periodo dell'anno 2019, 12 solo di tasse e imposte. Consumi in calo e quindi meno entrate da Iva, soprattutto.
Per fare in modo che gli effetti di cassa non proseguano anche per i prossimi mesi, il governo ha negato altri rinvii nelle scadenze e ora studia i versamenti di cassa immediati.
Per ora la proposta di Ruffini non si è tradotta in una legge. Lui stesso in luglio precisò che «sarebbe necessario un intervento normativo e una implementazione amministrativa».
La proposta piace al Partito democratico, al quale appartiene il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.
Ma Zanetti spera che il progetto si fermi qui. Perché gli ipotetici vantaggi sarebbero inferiori al danno. «Spero di essere inteso anche da chi partita Iva non è, ma soprattutto da chi ha la possibilità di fermare questa polpetta avvelenata vestita da favore».
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