Tutela della presunzione di innocenza e certezza della pena. No e ancora no all'abuso delle intercettazioni che poi finiscono regolarmente sui giornali, ma nessuna limitazione per quelle di mafia e terrorismo. E poi grande spazio al disagio delle carceri e alla tragedia dei suicidi che non si vuole nascondere sotto il tappeto. Cerca un difficile punto di equilibrio Carlo Nordio, presentando in Senato la relazione sullo stato della giustizia.
Il ministro parte dal tema incandescente delle intercettazioni. C'è preoccupazione perché molti pensano che si vogliano tagliare anche quelle che riguardano i reati di mafia e questo renderebbe impossibili arresti come quello di Matteo Messina Denaro.
Ma Nordio respinge al mittente quelle che gli paiono essere solo insinuazioni per buttare giù tutta la costruzione ambiziosa delle riforme: «Non sarà mai abbastanza ribadito che non ci saranno riforme che toccheranno le intercettazioni su mafia e terrorismo».
Il rischio non c'è. Ma c'è altro: «L'articolo 15 della Costituzione dice che la libertà delle conversazioni è sacra e inviolabile e può essere limitata eccezionalmente dall'autorità giudiziaria. È un'eccezione, non una regola», spiega il magistrato oggi a riposo che trasforma la relazione in un manifesto del garantismo. Dice proprio così il guardasigilli: «Il nostro fermo proposito è di attuare il garantismo del diritto penale». Dopo la stagione del giustizialismo, quella in cui sembrava che alzare le pene sempre e comunque fosse l'unica soluzione per migliorare il sistema, oggi l'ex pm introduce una nuova stagione e si inerpica su un sentiero a dir poco scosceso: tutti i tentativi di mettere mano a questo mondo sono naufragati per una ragione o per l'altra.
Ma Nordio non ha intenzione di arrendersi e vuole dare battaglia, aprendo più di un fronte: «Realizzeremo la tutela delle presunzione di innocenza delle persone, assicurandone la dignità e l'onore durante il processo. E parallelamente assicureremo la certezza della pena».
Può sembrare un controsenso quel che il ministro afferma, ma non è così per chi conosce la sua filosofia che tiene insieme la fermezza e il rispetto dei diritti degli indagati.
Anche sul versante della pena, il Guardasigilli esce dallo stereotipo e sposa una linea articolata e pragmatica, lontana da certe asprezze di parte del centrodestra: «La pena non coinciderà sempre e solo con il carcere ma sarà comunque afflittiva, certa, rapida, proporzionata e orientata al recupero del condannato, secondo il nostro dettato costituzionale».
E poi ci sono i suicidi che nel 2022 hanno avuto una terribile impennata, ma le garanzie devono valere per tutti, pure per chi è dietro le sbarre. Le morti in cella sono «un fardello di dolore». «Stiamo lavorando - aggiunge il guardasigilli - per ridurre questo fenomeno che nel nostro Paese ha assunto toni di estremo allarme». E però tutta la materia potrebbe diventare un cantiere. Ecco il capitolo spinoso di alcuni reati contro la pubblica amministrazione che «intimidiscono gli amministratori senza tutelare i cittadini», cominciando evidentemente dall'abuso d'ufficio, «con effetti perniciosi sullo sviluppo del Paese». Anche qui si impone «una profonda revisione». «Non vacilleremo e non esiteremo», conclude Nordio prima di incassare un doppio sì: l'approvazione di una relazione della maggioranza e l'ok a un testo proposto da Azione e Italia viva. Pd e 5 Stelle invece votano due volte contro e Raffaella Paita, presidente del gruppo Azione-Italia viva, polemizza con il partito di Letta: «La scelta del Pd di votare contro la nostra risoluzione dimostra quanto quel partito sia intriso di giustizialismo.
Tanto valeva che facessero intervenire per loro Scarpinato». L'ex pm Roberto Scarpinato, oggi senatore 5 Stelle. Duro invece, davanti alle telecamere di Tagadà, l'ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli: «Le parole di Nordio non stanno nè in cielo nè in terra».
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