A Milano l'estremismo laico e l'eccesso di zelo interculturale della giunta Pisapia hanno fatto un'altra vittima, la più illustre, amata e e indifesa: la Madonnina. Per l'Expo la Veneranda Fabbrica del Duomo ha commissionato alla Fonderia Del Giudice di Nola, nel Napoletano, una copia identica a grandezza naturale, 4,19 metri di altezza, della statua che dal 1774 sovrasta Milano dalla guglia maggiore della cattedrale: copia da esporre nella adiacente piazzetta Reale. L'intenzione dell'ideatore del progetto, Giorgio Cioni, è evidentemente di consentirne l'osservazione della struttura finalmente da vicino ma soprattutto di creare uno straordinario e suggestivo «effetto proiezione», fra cielo e terra. Una splendida idea che però a quelli di Palazzo Marino non è piaciuta: via la Madonnina dal laico acciottolato di piazzetta Reale, ha decretato una laicissima commissione interassessorile, sistematela altrove. Quella piazza, avranno pensato i cervelloni interculturali della commissione, è molto frequentata dai turisti che vanno a visitare le mostre a Palazzo Reale, non sia mai che i tanti musulmani (ma anche i tanti anticlericali viscerali nostrani) si sentano offesi dalla vistosa presenza di quella grande statua della Madonna, incombente simbolo del cattolicesimo e del culto mariano.
La Veneranda Fabbrica, dimostrandosi più tollerante ed elegante dell'amministrazione comunale - non ci vuole molto - non ha eccepito: la copia della Madonnina verrà sistemata nel Duomo, dove nessun assessore può mettere becco. Certo con qualche problema di collocazione, ma fa niente. E comunque non è la stessa cosa: lo straordinario «effetto proiezione» fra la statua dorata sullo sfondo del cielo milanese e la sua copia sulla piazza si perde del tutto. Non è più un omaggio della cattedrale e della sua secolare Veneranda Fabbrica alla città, ma semplicemente una replica all'interno del tempio di ciò che lo sovrasta. E poi, in preda ad uno dei suoi frequenti deliri ideologici, la squadra di Pisapia ha affibbiato l'ennesimo ceffone all'identità profonda e popolare della città. Infatti, vi viene in mente qualcosa di più milanese - e di più amato dai milanesi - della Madonnina? Ammettiamolo, neppure il panettone.
In fondo è Lei il vero emblema popolare e condiviso della città, se quelli araldici e storici sono la croce rossa in campo bianco degli Sforza e il biscione col bambino nero tra le fauci dei Visconti - di cui, per altro, la maggioranza dei milanesi ignora le origini. E qual è il vero inno dei milanesi? Forse il verdiano coro dei «Lombardi alla prima crociata» con «Oh Signore, dal tetto natio...»? Certo che no. È « Oh mia bela Madunina », scritto 81 anni fa da Giovanni D'Anzi, una vera e propria orgogliosa canzone d'amore per la città e per la statua che la domina e la protegge dal punto allora il più alto. È la canzone che le curve dello stadio Meazza di San Siro cantano, anzi cantavano quando (tempo fa) le squadre di calcio milanesi vincevano: una corale manifestazione di orgoglio e una forte rivendicazione di identità (con in più, in coda, un pizzico di sfottò).
Insomma, la Madonnina è Milano, la rappresenta e la tutela, anche a prescindere da questioni di fede. E perfino etniche, D'Anzi era di origini pugliesi.
Pensare, perciò, che la sua presenza possa offendere qualcuno è la dimostrazione di una robusta dose di pregiudizi ideologici, del tipo di quelli che a Natale spingono certi dirigenti scolastici a vietare i presepi nelle scuole. C'è di buono che Lei, la Madonnina, non se la prende e continuerà serenamente a vegliare sulla sua città.
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