Una girandola di vertici, riunioni, abboccamenti, tavoli di trattativa. L'incontro di maggioranza in mattinata finisce male, la prima convocazione del Consiglio dei ministri pure: sospeso dopo accesi diverbi e rinviato.
Poi a sera si materializza l'ineffabile Conte per l'immancabile sermone serale (lo chiama conferenza stampa ma le domande sono poche e accuratamente selezionate) e fa la ruota come un pavone annunciando l'iniezione di 400 miliardi per le imprese: «Abbiamo messo in campo una potenza di fuoco senza precedenti, non ricordo un intervento così poderoso nella storia». Poi spiega che tutti i leader del pianeta lo chiamano tutti i giorni a tutte le ore per «darmi la loro solidarietà ed esprimere grande ammirazione e apprezzamento per il nostro operato. Presto raccoglieremo i frutti del nostro sacrificio, in una nuova primavera per l'Italia», annuncia lirico. Assicura che «ripartiremo con forza e presto», ma non dà ovviamente alcuna indicazione sul quando o sul come, trincerandosi dietro «l'andamento della curva dei contagi». In compenso fornisce una originale interpretazione della Pasqua, che «ha segnato il passaggio dalla schiavitù all'Egitto», ma quest'anno niente Egitto: «Dovremo stare a casa». Poi annuncia che «la storia è con noi», e soprattutto con lui e con la sua «battaglia avveniristica e futuribile», dice proprio così, sugli eurobond.
Per tutta la giornata, dietro le quinte, va in scena un feroce scontro di potere tra i grillini di Di Maio e il ministro dell'Economia Gualtieri spalleggiato dal Pd. Oggetto: chi controllerà i flussi di liquidità tramite prestiti bancari garantiti, necessari a far ripartire le imprese. Di Maio vuole che passino per le sue manine, attraverso il feudo pentastellato della Cdp. Il Mef vuole affermare la propria giurisdizione, sottraendo Sace, spa del gruppo Cdp specializzata nel settore assicurativo-finanziario, al controllo di Cassa depositi e prestiti per farne uno strumento più agile in grado di gestire l'erogazione delle garanzie.
La soluzione salomonica che filtra al tramonto prevede che Sace resti dentro Cdp, ma che sia il Mef a ricoprire il ruolo di indirizzo. In cambio, però, Gigino ottiene un «rafforzato ruolo del ministero degli Esteri per sostenere le nostre imprese nella penetrazione all'estero, grazie a 50 miliardi di garanzie date da Sace agli esportatori», come fa annunciare trionfalmente.
Così il Consiglio dei ministri è slittato di ora in ora fino alla serata di ieri, nel tentativo di trovare un compromesso che a ora di cena sembrava ancora confuso, con entrambi i contendenti a cantare vittoria e i renziani di Italia viva che si sfilavano: «Tra Pd e Cinque Stelle si sta consumando una lotta di potere sul ruolo e il controllo di Sace, noi ce ne teniamo fuori». Dal canto loro, i renziani erano impegnati ad alzare l'asticella delle garanzie: «Serve il 100% di garanzia statale alle banche».
Nel frattempo il «decreto liquidità», segnale attesissimo dal mondo imprenditoriale italiano semiparalizzato dalla crisi Covid, si è trasformato nel consueto provvedimento omnibus, che contiene misure che vanno dal rinvio degli adempimenti fiscali delle imprese, alla proroga di atti amministrativi e concessioni all'allargamento del Goldenpower.
Nel frattempo, il decreto Cura Italia di marzo resta paralizzato in Senato, bloccato da valanghe di emendamenti delle opposizioni e semi-ostruzionismi leghisti: ostaggio di una trattativa che non riguarda quel provvedimento ma il prossimo, il famoso decreto aprile, con annesso nuovo scostamento di bilancio per votare il quale serviranno i voti delle minoranze. Ma tutto dipende da quanto avverrà oggi all'Eurogruppo e dalle decisioni Ue sulla lotta alla crisi Covid.
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