Quant'è lontana la solitudine di Roberto Fico. Era il 23 settembre del 2017 e sembra passato un secolo. Solo tre anni fa l'attuale presidente della Camera era l'incarnazione del dissidente. Il capo della minoranza interna che, a Rimini durante Italia 5 Stelle, se ne stava nel retropalco insieme alla compagna mentre tutto il M5s era affaccendato a celebrare il nuovo leader. Tre anni fa Luigi Di Maio si prendeva il Movimento, incoronato da Beppe Grillo, col benestare entusiasta di Davide Casaleggio. Dopo tre mesi l'ex capo politico e il figlio del cofondatore davano vita alla terza associazione dei Cinque Stelle. Entrambi fondatori, Di Maio alla guida della struttura politica, Casaleggio con le chiavi della democrazia diretta in mano. Da quel giorno è cominciata la traversata nel deserto di Fico. L'ortodosso passa poco più di un anno di purgatorio dorato svolgendo in silenzio il suo ruolo di presidente della Camera, mentre i grillini governano con la Lega di Matteo Salvini. Ingoia i decreti i sicurezza e ascolta senza commentare quel Di Maio che parla di Ong «taxi del mare» chattando di continuo con il Capitano dei sovranisti. Quando al verde del Carroccio subentra il rosso sbiadito del Pd di Nicola Zingaretti, cominciano a cambiare le cose. Fico, anima della sinistra del M5s, inizia a sconfinare dal suo ruolo istituzionale. Ma è con la crisi interna degli ultimi mesi che il primo leader del M5s napoletano torna al centro della scena.
Fico, insieme all'ex premier gialloverde Conte, è il più filo-Pd tra tutti i grillini. Tanto che anche Di Maio si deve allineare. Alessandro Di Battista torna come l'araba fenice e invoca le smargiassate delle origini. E però è Dibba ad essere solo nel retropalco. Il barbudo di Posillipo prende a interpretare il ruolo del saggio. E ci prende gusto. Dopo il tonfo dell'ultima tornata delle regionali è il primo ad ammettere la sconfitta. Convoca una conferenza stampa tutta politica e invita all'autocritica. Nel frattempo Di Battista dice di voler sfasciare tutto. Di Maio invece festeggia a colpi di selfie con Danilo Toninelli una vittoria del Sì al referendum che era scontata fin dall'inizio. Fico non si ferma. Spiega di non essere preoccupato per la scissione. A Sky Tg24 sfata il tabù dell'equidistanza del M5s dalle categorie tradizionali della politica. «Io senza dubbio sono un uomo di sinistra», dichiara. Risponde a Dibba sull'alleanza con i dem: «Dopo l'accordo con il Pd il Movimento ha fermato l'emorragia dei voti ed ha ripreso». Altro che la «morte nera» evocata dal Che Guevara di Roma Nord.
Concetti ribaditi ieri in un'intervista a Repubblica. Affondi decisi ma non cruenti: «Qualcuno dimentica che gli iscritti al M5s hanno votato l'alleanza di governo con il Pd e, adesso, le intese locali». Fico non ha paura della scissione e giudica «assurdo» lo scenario di una battaglia legale con Casaleggio.
Prese di posizione irrituali per la terza carica dello Stato. Variazioni sul tema della neutralità istituzionale. Un po' come quelle, seppure di segno opposto, del presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. Anche se su Fico nessuno ha gridato all'interferenza di parte.
Resta la centralità politica del grillino. Si rincorrono le voci di una candidatura a sindaco di Napoli l'anno prossimo, a capo di una coalizione giallorossa. Intanto il presidente della Camera si gode la rivincita. La solitudine del retropalco è acqua passata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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