La vittoria del partito laico e kemalista turco alle amministrative, se letto in prospettiva governativa futura, ci riconsegna una Turchia più vicina ai valori delle democrazia occidentali e all'Europa. Una buona notizia per i Paesi mediterranei, in primis per Roma che con Ankara ha solidissime relazioni commerciali e geopolitiche. Questa l'analisi che affida al Giornale l'ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già vice Segretario Generale della Nato dal 2001 al 2007 e attualmente presidente della Nato Defense College Foundation.
Istanbul, Ankara, Smirne, Antalya: il partito di Erdogan ha perso le elezioni amministrative nelle maggiori città «occidentali» della Turchia. È iniziato il declino politico del presidente che governa da 25 anni?
«Direi che possiamo dire qualcosa di più, perché oltre a queste città ha perso anche a Bursa, che non è proprio sul Mediterraneo, mentre a Iskander, al confine con la Siria, ha vinto per un soffio. Certamente vedo un segnale di declino strutturale in favore del partito tradizionale kemalista e laico della Turchia. Il Paese potrebbe tornare alla fase pre-erdoganiana, quella della democrazia repubblicana. Aggiungo che qualche giorno fa lo stesso Erdogan ha detto che alle prossime elezioni politiche non si ricandiderà. Tutto ciò ci dice che le cose stanno cambiando, senza dimenticare che oltre al tragico terremoto il Paese è scosso da valori economici negativi, dall'inflazione e quindi dai timori della borghesia e dei ceti produttivi».
Non solo la Turchia è membro della Nato, ma anche un big player macroregionale che dialoga con Russia e Iran: un eventuale cambio di governo, in prospettiva, che riflessi potrà avere in seno all'Alleanza?
«Naturalmente non dobbiamo anticipare troppo le cose, però è ragionevole pesare queste elezioni locali come un elemento positivo perché se alle generali vincesse il Partito repubblicano, avremmo un ritorno ai valori che si avvicinano alla democrazia occidentale, quindi un membro fedele della Nato con aspirazioni europee. Osservo che negli ultimi mesi si è parlato molto anche di come la Turchia di Erdogan abbia flirtato con la Russia di Putin: per cui il fatto che l'opposizione vinca clamorosamente le amministrative con un segnale così inequivocabile, vuol dire che in realtà la Turchia di oggi non è la Russia di Putin, ma è qualcosa di meglio».
La politica internazionale del Bosforo potrebbe subire un grosso cambiamento?
«Si potrebbe dire che l'appetito è più grande dello stomaco, nel senso che fino a oggi la Turchia ha fatto da battitore libero ad esempio nei Balcani e in Africa.
Ricordo che quando recentemente abbiamo liberato un ostaggio italiano a quelle latitudini, chi ci ha aiutato è stata proprio la Turchia. Si tratta di un Paese che per l'Italia è fondamentale alla voce relazioni commerciali. Noi abbiamo tutto l'interesse a dialogare con Ankara».
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