Il professore, l'impiegata e l'infermiera incinta: storie di famiglie spezzate

La frase che ci si illudeva di non ascoltare, aggiunge dolore a dolore: "Non ci sono segnali da sotto le macerie"

Il professore, l'impiegata e l'infermiera incinta: storie di famiglie spezzate

La frase che ci si illudeva di non ascoltare, aggiunge dolore a dolore: «Non ci sono segnali da sotto le macerie». Le palazzine crollate a Ravanusa erano un alveare di affetti: i nomi delle «vittime accertate» e quelli dei «dispersi» sono i medesimi, in un grand tour familiare tra parenti girovaghi intenti a scambiarsi visite di casa in casa. Tutte lì le abitazioni dei «Carmina» e dei «Minacori», concentrate in un raggio di pochi metri e suddivise su pochi piani di edifici modesti ma dignitosi. La stessa dignità che caratterizzava l'esistenza di chi, dopo la «strage del gas», non potrà mai più tornare alla sua vita di lavoro e amori condivisi. Tutto sepolto sotto la polvere dei calcinacci. E ancora nell'aria quella puzza penetrante. Chissà qual è l'odore della morte. Qui, di certo, è quello del gas e del fumo che si leva dai cumuli di cemento. Lì dove fino a due giorni fa c'erano pareti solide, ora ci sono mucchi di muri polverizzati. Il primo ad essere estratto dalle rovine è stato Pietro Carmina, 68 anni, docente di storia e filosofia dell'istituto «Foscolo» di Canicattì, dove lo ricordano come un «docente esemplare e un uomo da prendere a modello». Era da poco andato in pensione, ma il professor Carmina era un docente all'antica: uno che mai avrebbe rinunciato al suo ruolo di educatore, perché l'amore per la scuola - in insegnanti come Carmina - diventa una seconda pelle che non ti abbandona mai. Solo una maledetta esplosione può riuscirci.

Fra i sei «dispersi» c'è anche la moglie del professor Carmina, oltre a una loro nipote, Selene Pagliarello: un'infermiera al nonno mese di gravidanza che era andata a trovare i suoceri insieme al marito, Giuseppe Carmina. I due giovani si erano sposati ad aprile ed erano pieni di sogni, soffocati da un boato che non ha lasciato scampo a nulla, neppure ai sogni.

A pochi metri di distanza, separati da un piano, c'erano Calogero Carmina e sua moglie, Maria Minacori (morta anche lei), 59 anni, insieme con il figlio Giuseppe Minacori e un'altra loro conoscente, Enza Zagarrio (la terza vittima), 69 anni.

Disperazione anche al municipio di Ravanusa per la tragedia scaturita dal crollo delle palazzine. Una delle due donne decedute, Maria Minacori, era infatti impiegata nel Comune: «Ci eravamo visti appena ieri - racconta in lacrime una collega -, era una donna generosa e sempre disponibile ad aiutare gli altri, sia sul lavoro sia nella vita privata».

Il sindaco, Carmelo D'Angelo, è commosso: «Con lei è morto anche un po' di noi. Abbracciamo i suoi familiari e quelli degli altri morti in questa sciagura. Il Comune di Ravanusa ha già indetto un giorni di lutto in ricordo delle vittime. Speriamo ancora che qualche persona coinvolta nel crollo possa essere estratta viva».

Rosa Carmina, 80 anni, scampata miracolosamente all'esplosione ha la lucidità di raccontare l'attimo in cui ha avuto inizio la fine di tante vite: «Improvvisamente è andata via la luce, poi sono venuti giù il tetto e il pavimento. Ero sepolta dai sassi e ho sentito mia cognata Giuseppina invocare aiuto. Vi prego, ditemi che è ancora viva». Sì, Giuseppina è una delle due donne estratte vive, un doppio miracolo che però con il passare delle ore difficilmente potrà ancora ripetersi. L'intera zona dell'esplosione è stata isolata e tutti palazzi adiacenti a quelli coinvolti nell'esplosione sono stati evacuati.

Ma gli «sfollati» non si allontano dal luogo della tragedia. In tanti hanno pregato e dormito in macchina. In una mano la coperta di lana, nell'altra la corona del Rosario: la prima per scaldare il corpo, la seconda per scaldare l'anima.

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