Ormai per tutti sono le «Calendate». Ma la vera notizia è che le uscite spericolate del leader di Azione destano dubbi e perplessità anche all'interno del partito fondato dall'ex ministro di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Ed ecco che, nel caos del Terzo Polo, si ripropone ancora il tema del passo indietro di Carlo Calenda. E se non è una novità la posizione dei renziani, secondo i quali la responsabilità della rottura è da attribuire solo a Calenda, fanno riflettere le parole di alcuni esponenti dell'ala trattativista di Azione. Eccone uno, che parla con il Giornale con la garanzia dell'anonimato: «È Calenda che ha deciso di rompere e non vuole tornare indietro». E infatti l'ex ministro non si smentisce. «Un passo indietro in favore di una donna? Quello che dovevo dire l'ho detto. Renzi può dire quello che vuole sul suo partito che si chiama Italia Viva», provoca Calenda.
Eppure il nodo della leadership agita anche la base e i parlamentari di Azione. Non tutti vogliono rassegnarsi al divorzio da Renzi e nel Terzo Polo sfogliano la margherita. Tiene banco sempre l'ipotesi di una guida al femminile. Ci sono Mara Carfagna e Mariastella Gelmini in quota Azione, ma spunta pure il nome della capogruppo al Senato Raffaella Paita, di Italia Viva. Da Azione arriva la voce di un confronto duro, con tanto di urla, avvenuto negli scorsi giorni, tra il deputato «pontiere» Enrico Costa e Calenda. Intanto Renzi prova a distendere gli animi. «Credo che lo spazio politico per chi non vuole essere comunista a sinistra o sovranista a destra ci sia: è uno spazio importante», dice l'ex premier ai giovani di Confindustria a Cremona. Renzi parla di polemiche di «basso livello» e «fango». «Noi continuiamo a lavorare con il sorriso sulle labbra sperando che torni il buon senso», continua il leader di Iv. Per il momento tacciono le voci su due gruppi parlamentari autonomi. E Cateno De Luca, pirotecnico ex sindaco di Messina, leader di Nord Chiama Sud, stoppa le voci su una campagna acquisti che coinvolgerebbe i due parlamentari del suo partito: «Non ci interessano le manovre di palazzo».
Alla luce della rottura nel Terzo Polo restano agli atti alcune profezie, sbagliate, di Calenda sul centrodestra e non solo. Il governo Meloni? «Durerà massimo sei mesi», diceva il fondatore di Azione il 28 settembre 2022 a La Stampa. Nella stessa intervista dipingeva la maggioranza come «super litigiosa». E ancora il 20 ottobre: «Il centrodestra è esploso». Più di recente, il 24 marzo scorso: «Il governo litiga sulle nomine». Il giorno prima, a Zapping su Rai Radio1, Calenda annotava: «Il governo è molto diviso, le fratture aumentano». Nel frattempo a esplodere era il Terzo Polo.
Il 5 aprile scorso, a Metropolis sul sito di Repubblica, il capo di Azione spendeva parole al miele per Renzi direttore de Il Riformista: «Mi ha chiamato prima, sarà molto bravo a dirigerlo, comunque Renzi è uno che la politica la sa fare». Dopo soli due giorni Calenda abbozzava: «Se è questo che vuole fare nella vita, auguri». Fino ad arrivare a sabato, quando ha accusato Renzi di «prendere soldi dall'assassino di Khashoggi». Che «Calendate».
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