Draghi si è trovato a ripetere quello che già aveva detto due mesi fa in occasione della presentazione del Dl Sostegni. «Non è il momento di prendere soldi - aveva detto allora - ma di dare». Il riferimento era alla rottamazione delle vecchie cartelle esattoriali. Ora si è trovato a ripetere più o meno la stessa cosa per frenare l'uscita di Enrico Letta. Il segretario del Pd ha infatti ripreso una vecchia proposta di Fabrizio Barca. Quest'ultimo voleva una patrimoniale che finanziasse il futuro dei giovani. Il nuovo leader Dem, invece, vorrebbe alzare la tassa di successione in maniera progressiva per attivare un fondo dal quale attingere per dare ai diciottenni una sorta di borsa di studio. «Lancio un proposta di dote per i diciottenni - scrive Letta su Twitter - Per la generazione più in crisi un aiuto concreto per studi, lavoro, casa. Per essere seri va finanziata non a debito (lo ripagherebbero loro) ma chiedendo all'1% più ricco del Paese di pagarla con la tassa di successione».
Più della sortita del segretario dem è stata recepita la rassicurazione di Draghi. Che fa dire alla Meloni che su questa strada (meno fisco e meno burocrazia) il premier «troverà sempre il sostegno di Fratelli d'Italia». «Anche in questa circostanza - le fa eco il segretario della Lega Matteo Salvini - c'è piena sintonia con il premier Draghi, se c'è una cosa di cui l'Italia non ha bisogno sono nuove tasse. Letta e il Pd si rassegnino».
Da tempo il leader democratico cerca di individuare una strada e un percorso che possa smarcarlo non soltanto dai Cinquestelle ma anche dagli altri alleati di governo. Dopo il ddl Zan e gli interventi sull'immigrazione, ora è la volta della tassa di successione (che in Italia è più bassa che in Spagna, Francia e Germania). Col risultato, però, tutt'altro che sperato, di dividere anche il suo partito. C'è chi sta dalla parte di Draghi, come il senatore Andrea Marcucci. Chi invece plaude all'idea avanzata da Letta, come la deputata Barbara Pollastrini («condivido molto questa proposta su una tassa di successione di scopo, perché una riforma fiscale non può che partire da un'idea di giustizia sociale e di futuro»), o Gianni Cuperlo («battaglia sacrosanta per ridistribuire ricchezze e opportunità»). Nicola Oddani della direzione del Pd attacca direttamente Salvini e la Meloni. Con il loro appoggio a Draghi hanno dimostrato di «essere sempre dalla parte dei più forti contro i più deboli». Di contro la Lega continua a insistere sull'introduzione della flat tax, visto che il regime fiscale è uno dei campi in cui si dovrà intervenire per dare una riforma organica e adeguata ai parametri richiesti dal Recovery plan. «È depositato in Senato il disegno di legge - ricorda il senatore Armando Siri - sulla riforma strutturale del sistema tributario, con il raggiungimento di una flat tax al 15% per tutti». Di segno contrario rispetto alla proposta leghista, quella maturata dall'ultima assemblea di Articolo 1 che diventa una progetto di riforma da discutere con gli alleati di centro-sinistra. All'interno del quale trova spazio un'imposta progressiva proprio sui patrimoni.
Forza Italia smaschera da subito l'idea di una patrimoniale camuffata. La proposta di Letta è per la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini semplicemente «irricevibile». «Con Forza Italia al governo non ci saranno né patrimoniale né aumento della tassa di successione per finanziare una dote ai diciottenni. Considerare patrimoni da un milione di euro come ricchezze da espropriare riflette una concezione punitiva della proprietà privata che vorrebbe colpire risparmi di una vita lasciati ai figli. La proposta di Letta è irricevibile».
«Fintanto che al governo ci saranno Forza Italia e il centrodestra - ribadisce il capogruppo alla Camera, Roberto Occhiuto -, Letta si scordi qualsiasi irricevibile aumento di tasse.
Il segretario dem vuole mettere le mani nelle tasche degli italiani? Lo dica ai cittadini in campagna elettorale e proponga al Paese un esecutivo di sinistra con al primo punto programmatico l'aumento della pressione fiscale. Per quanto ci riguarda quella di Letta è un'idea non percorribile da un governo di unità nazionale che ha come obiettivi il superamento dell'emergenza sanitaria ed economica».
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