Chi si redime ha diritto alla prova del riscatto. Non è scritto nelle sacre scritture ma nel corso naturale della vita di tutti i giorni. Questo è il caso classico di Nicolò Fagioli, piacentino, classe 2001, centrocampista della Juve, reduce da una squalifica (per aver scommesso sul calcio) lunga sette mesi e non soltanto. Il giovanotto ha attraversato il suo piccolo deserto, si è consegnato ai medici che lo hanno preso in cura, è andato in giro per le scuole italiane (ultima puntata 10 giorni fa in Puglia) a raccontare il demone del gioco che si era impossessato di lui. A dire il vero, sul suo inserimento nella lista di Spalletti per Euro2024, si è sollevata subito una tempesta polemica sulla spinta dei soliti social che hanno colto l'occasione quotidiana per sfogare i peggiori istinti.
Qui ci sono due riflessioni da fare. La prima, squisitamente calcistica: Fagioli è reduce, oltre che da allenamenti puntuali con la Juve, da appena 25 minuti di partita vera, giocati lunedì sera a Bologna. L'obiezione scontata è: troppo poco per essere pronto in vista di metà giugno. Contro obiezione: è il più fresco e il meno «consumato» anche dal punto di vista nervoso. Tra l'altro nella storia calcistica italiana, nessuno dimentica che al mondiale di Spagna 1982, Enzo Bearzot si portò dietro Paolo Rossi, Pablito nostro, reduce dalla squalifica per il calcio-scommesse nel quale vortice fu trascinato da qualche suo sodale.
La seconda riflessione è invece la seguente: se Spalletti e la Nazionale hanno voluto lanciare un messaggio, quasi cristiano, ci sono riusciti perfettamente. Perché possono dimostrare che è possibile cadere ma poi la vita e lo sport in particolare devono offrirti l'occasione per rimetterti in piedi e riprendere a correre.
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