Dimostrare da un lato che Pyongyang può contare su un'amicizia di peso specifico non indifferente (come quella russa) e dall'altro che Mosca può aggiungere un altro tassello al suo percorso di crescita come player primario nello scacchiere geopolitico mondiale. Kim e Putin, al primo incontro ufficiale ieri a Vladivostok, hanno questo da guadagnare nella consapevolezza che a due mesi dal fallito vertice nordcoreano con il presidente Usa, Donald Trump, la posizione di entrambi sia sul dossier nucleare che su quello dell'influenza, tanto in Asia quanto in Europa, è in continua evoluzione.
Nella settimana che ha sancito il cambio di leadership a Kiev, il faccia a faccia Putin-Kim assume un significato non indifferente, anche perché si somma alla decisione Usa sul petrolio iraniano e alle ansie sulla crisi libica. Tutti elementi che anche se geograficamente distanti si intrecciano, economicamente prima che politicamente. E allora vedere il presidente russo mettere l'accento sul fatto che le garanzie di sicurezza americane non sarebbero probabilmente sufficienti a persuadere Pyongyang a chiudere il suo programma nucleare, vuol dire che l'orizzonte di Mosca è anche quello di puntare all'obiettivo al momento fallito da Trump. E farlo con il sostegno di tutti gli altri Paesi coinvolti nei precedenti colloqui sulla questione nucleare, quindi Russia, Giappone, Cina e Corea del Sud. Di fatto un'inversione di strategia che andrebbe nella direzione opposta a quella imboccata da Washington per negoziare un accordo.
L'attenzione riservata al meeting è dimostrata anche da un piccolo dettaglio: solitamente Putin ha la reputazione di far attendere i leader mondiali, ma ieri è giunto con trenta minuti di anticipo rispetto al suo ospite. Anche il luogo scelto non è stato casuale: l'Università Federale dell'Estremo Oriente, che già nel 2012 aveva ospitato un vertice sulla cooperazione economica Asia-Pacifico. Kim, al suo primo viaggio all'estero dopo la rielezione, è arrivato a Vladivostok a bordo del suo treno blindato, ed è stato accompagnato dal ministro degli Esteri Ri Yong-ho e dalla sua vice, Choe Son-hui, che si sono confrontati col parigrado Sergei Lavrov (presente anche il consigliere presidenziale, Yuri Ushakov). Un incontro formale ma cordiale (tra balli popolari e due sciabole in dono) e molto denso, con pochissimi assistenti presenti, che è durato il doppio dei 50 minuti previsti in cui il russo ha descritto Kim come «abbastanza aperto» e come «premuroso» e «interessante».
Non solo nucleare sul tavolo, ma dopo la geopolitica anche gli affari al centro dell'incontro: sullo sfondo la possibilità di costruire una ferrovia e un oleodotto tra Nord e Sud Corea che secondo Putin rappresenterebbe un collegamento diretto tra il sud della penisola coreana e il nord con anche una bretella di accesso alla ferrovia transiberiana, (presente per l'appunto anche il direttore generale delle ferrovie russe Oleg Belozerov) sottolineando che tutto ciò non è solo nell'interesse della Corea del Nord, ma anche della Repubblica di Corea. Aggiungendo, in proposito, che esiste un deficit visibile di sovranità nel prendere decisioni definitive, visti i rapporti tra la stessa Corea e gli Stati Uniti.
Insomma, un Putin a tutto campo che ha voluto investire parecchie fiches sul delicato incontro con Kim, anche perché da ieri sera è volato a Pechino per partecipare oggi e
domani al forum internazionale One Belt One Road assieme alla sua controparte Xi Jinping. Con lui si confronterà ovviamente anche sul nucleare, prima di incontrare i leader di Azerbaijan, Serbia, Egitto, Cipro e Myanmar.
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