Un anno fa, a luglio, il Giuseppe Conte oggi capo di un governo giallorosso era ancora il Conte Giuseppe capo di un governo gialloverde, con un ministro dell'Interno piuttosto agitato che aveva appena ordinato di lasciare a bordo per cinque giorni sotto il solleone di Catania 131 migranti per fare pressione sulla Ue. E lui, il premier, sapeva? Era d'accordo con questa strategia muscolare? Probabile: era, appunto, il capo del governo. E adesso che lo hanno convocato i giudici, parlerà? E gli altri ministri coinvolti, tutti grillini, faranno luce? «Sono a completa disposizione - assicura Conte - Riferirò tutte le circostanze di cui sono a conoscenza, in penna trasparenza, come ho fatto sempre».
Ma qui, su quel sempre, scattano i dubbi. Possibile che Matteo Salvini abbia deciso tutto da solo? Che bloccare al molo la nave Gregoretti non fosse una scelta politica comune? Salvini è convinto «di aver agito nell'interesse nazionale» e «con il consenso dell'intero esecutivo», Conte afferma invece che il caso Gregoretti non è mai stato discusso in Consiglio dei ministri né in altre sedi ufficiali. Il leader della Lega insiste e sostiene di avere sms e WhatsApp, le prove cartacee e digitali dei contatti che avrebbero coinvolto Conte, l'Unione Europea e la Conferenza episcopale. Palazzo Chigi smentisce da quindici mesi. Chissà se il tribunale di Catania riuscirà a sciogliere il giallo. Ma andando indietro nel tempo, qualcuno al governo sapeva- Per esempio Alfonso Bonafede. Sarebbe stato interessante sentirlo (non è tra i ministri convocati, ndr). Secondo il Caroccio il Guardasigilli, nella trasmissione In Onda su La7, il 30 luglio 2019 aveva ammesso la collegialità della decisioni. «C'è un dialogo tra i ministeri delle Infrastrutture, dell'Interno e della Difesa. La posizione e sempre la stessa, vengono salvaguardati i diritti, le persone che dovevano scendere sono scese, tuttavia del problema dell'immigrazione deve farsi carico la Ue». Quanto a Conte, «lo ringrazio perché continua a porre la questione nelle cancellerie d'Europa».
Anche Luigi Di Maio, che invece sarà sentito il 4 dicembre, forse avrà qualcosa da dire. Lui, all'epoca vicepremier, il 31 luglio copriva ancora Salvini chiedendo un intervento di Bruxelles per la redistribuzione degli emigrati in tutti gli Stati membri. «L'Italia non può sopportare nuovi sbarchi, noi abbiamo dato come Paese e quei migranti devono andare in Europa. Non si trattino i nostri militari sulla nave Gregoretti come dei pirati, vogliamo rispetto per la nostra Marina e le nostre forze dell'ordine».
Insomma, si chiedono i magistrati di Catania, trattenere 131 disperati sulla Gregoretti in attesa dell'Europa, fu soltanto «atto amministrativo» deciso dal Viminale o un «gesto politico» avallato da tutto l'esecutivo? Una domanda che verrà rivolta a Elisabetta Trotta, ministro della Difesa del Conte 1, quando comparirà alla sbarra.
E pure a Danilo Toninelli, un altro che potrebbe fare chiarezza. «La questione migratoria - dichiarava il 28 luglio l'ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti - riguarda tutto il continente. L'Unione Europea risponda».
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