Quelle 99 scadenze fiscali che soffocano le aziende

In attesa del "taglia scartoffie", la Cgia di Mestre svela che aumentano gli adempimenti per le partite Iva

Quelle 99 scadenze fiscali che soffocano le aziende

Sempre più oppressi, non solo da tasse ancora mai tagliate, ma anche da scadenze e adempimenti fiscali che non danno tregua a imprenditori e artigiani, costringendoli a perdere tempo dietro a montagne di scartoffie e spesso ad esternalizzare a caro prezzo queste incombenze. Liquidazioni, versamenti di acconti, saldi di imposta, invii e trasmissioni telematiche all'Inps e all'Agenzia delle Entrate: il peso della burocrazia fiscale è sempre più insopportabile per le imprese, soprattutto per le realtà più piccole, i cui lavoratori faticano a destreggiarsi in questa giungla di doveri e non possono fare a meno di affidarsi a dei professionisti per tenere la contabilità.

Nel 2019 andrà peggio. La pressione fiscale è sempre quella, ferma intorno al 41,8 per cento come nel 2018, ma il numero delle scadenze fiscali invece subirà una forte impennata, soprattutto per le piccole imprese che intrattengono scambi commerciali con l'estero. Queste ultime in particolare, secondo una stima dell'ufficio studi della Cgia di Mestre, il prossimo anno, nonostante sia in arrivo la fatturazione elettronica, avranno in calendario anche fino a 99 incombenze da non dimenticare. A sfiorare quota cento saranno le piccole imprese industriali con 50 dipendenti, mentre una piccola impresa commerciale con 5 lavoratori avrà ben 88 scadenze. In entrambi i casi una decina di impegni in più, dovuti agli effetti delle nuove disposizioni previste dalla legge di Bilancio: a partire dal 2019 entro la fine del mese successivo bisognerà inviare all'Agenzia delle Entrate i dati relativi alle cessioni o agli acquisti di beni e prestazioni di servizi rivolte a soggetti non residenti nel territorio italiano.

Gli artigiani senza dipendenti dovranno versare all'erario o inviare la propria documentazione fiscale all'amministrazione finanziaria 29 volte, una volta in meno rispetto all'anno precedente. Per i lavoratori autonomi, invece, è previsto un piccolo alleggerimento degli impegni fiscali con un risparmio di ben due adempimenti. Questo perché con l'introduzione della fatturazione elettronica dal prossimo anno per le imprese artigiane senza dipendenti sarà abolito lo spesometro. La fattura digitale, già obbligatoria verso la pubblica amministrazione, dal 2019 lo sarà anche tra privati e prevede l'introduzione di nuovi obblighi, che potrebbero comportare ulteriori disagi per le piccole imprese. Su questo l'onorevole Galeazzo Bignami ha presentato un'interrogazione parlamentare chiedendo quali iniziative si intenda intraprendere per evitare di caricarle di adempimenti burocratici eccessivi ed eventualmente per rendere graduale il passaggio al nuovo tipo di fatturazione. Un paio di settimane fa, inoltre, era diventato virale sul web il video di un'audizione davanti al direttore dell'Agenzia delle Entrare in cui il deputato azzurro si scagliava contro la fatturazione elettronica e le complicazioni e i costi ulteriori che essa comporterà per i piccoli lavoratori. Per Bignami la «semplificazione deve comportare agevolazioni per le imprese e i professionisti, non per la burocrazia».

Ma in realtà né i professionisti né la burocrazia sembrano trarre vantaggio dalle nuove norme introdotte dalla legge di Bilancio, come dimostra il quadro tracciato dalla Cgia di Mestre delle quasi cento scadenze alle quali andranno incontro i lavoratori nel 2019.

È il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, a lanciare l'allarme: «Mentre gli imprenditori chiedono da tempo di abbassare il carico tributario e di alleggerire l'oppressione fiscale, la politica, che ad ogni piè sospinto non manca occasione per annunciare imminenti sburocratizzazioni e mirabolanti tagli alle tasse, nei fatti sta spingendo il sistema fiscale nella direzione opposta, incrementando le scadenze e, quando va bene, rinviando a tempi migliori la riduzioni delle imposte». Il segretario della Cgia, Renato Mason, ci mette il carico: «In nessun altro Paese d'Europa viene richiesto un tale sforzo fiscale».

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