La quotazione del Brent giù a 55 dollari Il mondo è saturo di milioni di barili

Il presidente iraniano Rouhani in visita a uno degli impianti nucleari
Il presidente iraniano Rouhani in visita a uno degli impianti nucleari

Non una firma, non una stretta di mano, ma soltanto l'idea, la possibilità di un accordo sul nucleare tra l'Iran e la comunità internazionale ha fatto scendere ancora di più nelle scorse ore il prezzo del petrolio. A Losanna, ieri i negoziatori di Teheran e quelli di Germania, Stati Uniti, Francia, Russia, Cina e Gran Bretagna sono arrivati tra gli screzi alla fase finale delle trattative, anche se un accordo dovrebbe essere realizzato soltanto a giugno. I mercati hanno reagito in previsione di un'intesa, della fine delle sanzioni economiche all'Iran in cambio di un contenimento del suo programma nucleare. Il prezzo del Brent - la più importante classificazione commerciale del greggio - è sceso di 45 centesimi arrivando a 55 dollari al barile. A preoccupare è un ritorno su un mercato già saturo di milioni di barili di petrolio iraniano, con l'interruzione delle misure economiche.

Nell'ultimo anno, il prezzo del petrolio è sceso del 50%, soprattutto a causa delle scorte americane di petrolio shale e a una conseguente minore domanda. L'Opec, l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, ha però deciso di non tagliare la produzione del greggio e così il prezzo è crollato. L'Iran siede sul 10% delle risorse mondiali di petrolio ma dal 2011, da quando la nazione è bloccata economicamente dalle sanzioni internazionali, la sua produzione è scesa da 3,6 a 2,7 milioni di barili al giorno, di cui soltanto un milione è esportato. Teheran non ha mai rivelato quali siano le quantità di greggio estratte e tenute da parte in questi anni, ma secondo molti analisti oltre 30 milioni di barili sarebbero custoditi nelle petroliere a largo delle sue coste. Il sollevamento delle sanzioni potrebbe immettere sul mercato queste riserve più un milione di barili al giorno derivati dalla produzione attiva. In uno studio per Société Générale, Michael Wittner ha scritto che questo potrebbe far cadere anche di cinque dollari al barile il prezzo greggio.

Per altri, l'allarme per un'«inondazione» del mercato di petrolio iraniano è fortemente esagerata. Per ora, ha spiegato a Newsweek Richard Mallinson, analista della Energy Aspects, l'Iran produce meno di tre milioni di barili al giorno e forse al termine del 2016 arriverà a 3,1, quindi gli effetti tarderebbero a farsi sentire. Inoltre, «anche se 30 milioni di barili fossero immessi sul mercato tra aprile, maggio e giugno il tutto ammonterebbe a 300 milioni di extra barili al giorno, una quantità importante ma non un'inondazione».

Quello che potrebbe accadere è che, per ritrovare il suo posto sul mercato e attirare nuovi clienti, non soltanto asiatici, l'Iran potrebbe abbassare il prezzo della sua offerta, entrando in competizione con l'Arabia Saudita, con la quale sta già giocando una partita geopolitica e militare capace di cambiare i contorni della regione.

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