All'indomani del tracollo sul ddl Zan, il Pd nasconde i propri errori e scaraventa tutta la colpa su un solo Uomo Nero, il solito Matteo Renzi (che peraltro, impegnato coi sauditi, anche volendo non avrebbe potuto votare contro la legge).
«Si è sancita una rottura a tutto campo, anche di fiducia», proclama Enrico Letta (nel tondo), che prima di fiducia ne aveva a iosa. Ma per il leader Pd, a ben guardare, la «rottura» voluttuosamente annunciata, con coro greco dei suoi in sottofondo, non è esattamente una buona notizia. Già, perché tra appena tre mesi, nelle aule parlamentari, si giocherà una partita che al Pd sta molto più a cuore dell'identità di genere o delle pene aggravate per gli omofobi: quella per la successione di Sergio Mattarella. E Renzi, simpatico o no al Nazareno, sarà inevitabilmente, con la sua pattuglia di deputati e senatori, uno degli aghi della bilancia. E Letta, che ne è consapevole, aggiunge infatti: «Se ci mettiamo ora con la testa al Quirinale sarà un disastro sulle cose che dobbiamo fare ora, come la legge di bilancio. Ieri sono state fatte le prove generali per il Colle, ma chi fa accordi politici in vista di quello mostra un grande cinismo». Il cinico, ovviamente, è sempre Renzi, sospettato di manovrare nell'ombra per far confluire i voti del centrodestra (e di una parte del centrosinistra) su un nome centrista, come quello di Pierferdinando Casini.
Il problema di Letta è che, alla vigilia della Grande Conta sul Colle, il Pd è a corto di alleati. Certo, c'è il Movimento Cinque Stelle. Ma anche ammesso di riuscire a trovare un accordo con Giuseppe Conte, è tutto da vedere che Conte riesca a far votare i suoi come dice lui, e non come pare a ognuno di loro.
Peraltro, individuare un terreno di intesa con lo stesso ex premier grillino, assai concentrato sui propri destini di gloria, non è facilissimo. Conte infatti fa trapelare di vedere di buon occhio uno spostamento di Mario Draghi dalla testa del governo al Quirinale. Nei mesi passati, il neo-capo politico dei Cinque Stelle ha fatto svolgere dei sondaggi riservati in area Pd, cattolica e ovviamente grillina per capire se sul proprio nome si sarebbe potuta coagulare, alla quarta votazione, una maggioranza. L'esito non deve essere stato incoraggiante, tant'è che l'ex premier sembra aver ripiegato sul piano B: sfilare la sedia di Palazzo Chigi da sotto Draghi, spiegando che al suo posto può andare il ministro dell'Economia Daniele Franco. Se poi, puta caso, Draghi venisse bocciato in Parlamento, tanto di guadagnato: si liberebbero contemporaneamente due poltrone, e si precipiterebbe in modo inevitabile verso elezioni anticipate. Che darebbero a Conte l'occasione per ridisegnare da capo a fondo la nuova compagine dei gruppi M5s. E per fantasticare di un proprio ritorno a Palazzo Chigi.
Con i grillini in piena confusione politica, con Renzi che gioca contro e con Forza Italia allineata al centrodestra, le carte vincenti del Pd si riducono drasticamente. Tant'è che Letta prova a scrollare gli azzurri: «Dov'è Forza Italia? Sta nel Ppe o sta con Pillon e Orban? È la Forza Italia che dovrebbe stare con Ursula von der Leyen? Ieri sono stati fatti molti giochi politici. Hanno scelto di giocare il secondo tempo della battaglia per le elezioni. Io penso che quello che è accaduto ieri ci farà riflettere sul nostro futuro».
Del resto, il risultato numerico di mercoledì sul ddl Zan, inopinatamente cercato dai dem, offre un quadro assai poco incoraggiante: il centrodestra è rimasto
più o meno unito e compatto, mentre un pezzo di centrosinistra si è staccato dalla casa madre, ribaltando le ottimistiche previsioni del Nazareno. E la «maggioranza Ursula» con cui votare per il Colle appare un miraggio.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.