C'è da scavare a Ravanusa non più sotto le macerie, dove ieri pomeriggio, dopo 72 ore di ricerche ininterrotte, sono stati ritrovati i corpi degli ultimi due dispersi: Giuseppe Carmina, 33 anni, e il padre Calogero, insieme anche negli ultimi momenti della loro vita, nell'autorimessa della palazzina in cui abitavano. C'è da scavare a fondo per individuare le cause e i responsabili della tragedia. Le domande a cui la procura di Agrigento dovrà dare una risposta sono tante.
La chiave sta negli accertamenti sul grande cratere creato dalla deflagrazione di sabato sera, che ha fatto saltare per aria una palazzina e ne ha danneggiate diverse, e nelle testimonianze dei residenti della zona e delle due uniche superstiti Rosa Carmina e Giuseppa Montana, che porteranno i consulenti tecnici nominati dalla procura a fare luce su cosa abbia provocato un accumulo di gas nel sottosuolo e cosa abbia innescato l'esplosione. La prima domanda a cui bisognerà dare una risposta è se c'erano i presupposti per effettuare dei controlli accurati nella condotta del gas metano dove, invece, sembra che venissero svolti lavori di manutenzione ordinaria. Molti residenti del quartiere Dominici, dove sabato si è consumata la tragedia (10 vittime, tra cui un bambino che avrebbe dovuto vedere la luce proprio oggi), sostengono che da giorni ci fosse puzza di gas.
Anche la superstite Rosa ha raccontato che l'odore del gas proveniva da giorni dalle tubature della fognatura. I carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, a cui sono state affidate le indagini dalla procura che ha aperto un'inchiesta per omicidio plurimo e disastro colposi, hanno scoperto che cinque giorni prima risulta effettuato un intervento di manutenzione ordinaria da parte dei tecnici di Italgas, che gestisce il servizio. In paese c'è chi mette in dubbio che il controllo sia avvenuto: «Non abbiamo visto tecnici al lavoro» dicono.
Le indagini dovranno appurare, dunque, se i lavori sono stati effettivamente svolti, come risulta sulla carta, chi li ha effettuati e se sono stati svolti a regola d'arte. Per i vigili del fuoco l'odore del gas avvertito dai residenti dovrebbe significare che c'era una perdita. Se così fosse accertato, questa è avvenuta successivamente ai lavori di manutenzione ordinaria di 5 giorni prima della deflagrazione? A causarlo è stata una frana, visto che la zona è interessata da smottamenti, oppure l'accumulo di gas è avvenuto lentamente nel tempo? Quali controlli si sarebbero dovuti effettuare? Sono stati fatti? Una testimonianza chiave potrebbe essere quella di un collaboratore scolastico in pensione da un anno che era in servizio alla scuola Don Bosco vicina alla palazzina interessata dall'esplosione. «Qualche volta, vedrete, salterà tutto per aria» diceva ai colleghi, perché avvertiva puzza di gas.
La perdita, dunque, potrebbe risalire addirittura ad oltre un anno fa? Se così fosse perché nessuno di competenza se n'è mai accorto? E, ancora, gli «interventi di risanamento» ritenuti necessari da un pool di tecnici nominati a seguito del commissariamento di Italgas nel 2014 per un anno da parte della sezione misure di prevenzione di Palermo in quanto la Gas Spa era vicina a Vito Ciancimino, sono mai stati effettuati? Diversi i soggetti che potrebbero finire indagati.
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