Bentornato, Matteo. Anzi: no. Da perfido avversario o da potenziale alleato, da lontano o da vicino, per propria iniziativa o per iniziativa altrui, il fattore Renzi riesce sempre a far saltare i nervi del centrosinistra, e quelli del suo ex partito in particolare.
L'ultimo casus belli arriva dalle Marche: la Festa dell'Unità regionale, che inizierà a Pesaro il 28 agosto, doveva essere l'occasione per una storica rentrée. Il primo ritorno di Matteo Renzi ad una festa del partito di cui è stato segretario, a cinque anni dalla scissione che ha portato alla nascita di Italia viva. Un ritorno che coincide con l'annunciata disponibilità dell'ex premier a far parte del centrosinistra a guida Schlein nelle prossime competizioni elettorali.
L'invito era già stato recapitato al senatore fiorentino, che due giorni fa lo aveva comunicato al suo staff: «Mi ha chiamato Matteo Ricci, vuole che vada alla Festa dell'Unità a Pesaro il 28 agosto e io ho naturalmente accettato con piacere».
Due giorni dopo, però, l'invito è misteriosamente scomparso: nel programma della Festa, reso parzialmente noto ieri, il nome di Matteo Renzi non compare. L'unico ospite di rilievo nazionale annunciato, per il momento, è il presidente del Pd Stefano Bonaccini: nessun esterno, se non qualche rappresentante di associazioni satelliti come Cgil o Fondazione Perugia-Assisi. Ma dal Pd marchigiano trapelano voci di rivolta interna contro «l'iniziativa unilaterale presa da Matteo Ricci, senza condividerla con nessuno» dei capataz locali. «La costruzione dell'alleanza è una cosa molto delicata: fare iniziative di questo tipo senza coinvolgere il resto del partito è stato ritenuto poco opportuno: non ci si può sostituire alla segreteria nazionale in questioni politicamente così sensibili», è la spiegazione che viene offerta dai dirigenti marchigiani.
A ieri sera, nulla era stato comunicato al diretto interessato: «Abbiamo ricevuto un invito per il 28 agosto e mi sono reso disponibile. Se poi hanno cambiato idea, ce lo facciano sapere», dice Renzi. Dietro al pasticcio pesarese ci sono le tensioni che percorrono il «campo largo» dopo le aperture renziane: è di appena due giorni fa il «niet» di Conte all'alleanza con Renzi: «Mi ha cacciato da Palazzo Chigi per metterci Draghi», il vibrante (quanto surreale) j'accuse. Ma c'è anche la feroce guerra intestina del Pd delle Marche: Ricci, ex sindaco di Pesaro e aspirante candidato governatore alle Regionali del 2025, è stato trionfalmente eletto (sotto gli auspici di Goffredo Bettini) alle Europee ma è considerato un nemico interno dalla segretaria regionale, la schleiniana Chantal Bomprezzi. L'invito a Renzi è stato visto come un tentativo di prepararsi in proprio la futura coalizione. Lo scontro è così aspro che la stessa Schlein ne ha fatto le spese: alle Europee il Pd marchigiano si è diviso su ben tre candidati: Ricci (52mila voti in regione), Alessia Morani (16500, arrivata a un pelo dall'elezione ma superata per pochi voti nel Centro dall'esterno «pacifista» anti-Ucraina Marco Tarquinio) e Michele Franchi, sindaco di Arquata del Tronto.
Risultato: Ricci è stato eletto, ma la segretaria nazionale - che era capolista nel Centro - nelle Marche è arrivata solo terza, dopo Alessia Morani, con appena 15mila voti. «Per fare dispetto a me si è penalizzata anche la segretaria», ha denunciato Ricci. E la guerriglia continua, come dimostra il caso dell'invito scomparso a Renzi.
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