L'ostruzionismo grillino, la decisione della maggioranza di ricorrere alla "tagliola" e la marcia delle opposizioni al Quirinale. Mentre al Senato l'iter delle riforme costituzionali vive ore convulse, Matteo Renzi prova a mostrare i muscoli per dare il segnale che il governo non è disposto a retrocedere di un millimetro. "Non mollo, basta con quelli che dicono 'no' - tuona il premier nell'intervista ad Alan Friedman - in Italia c’è un gruppo di persone che dice 'no' da sempre. E noi, senza urlare, diciamo 'sì'. Piaccia o non piaccia, le riforme le faremo". Ma a non voller mollare c'è anche il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, che sui social network accusa apertamente il governo di "uccidere la democrazia" e di "affossare la costituzione".
Il contingentamento dei tempi, che è stato annunciato oggi in Senato per l’esame delle riforme, non garantisce che le votazioni degli emendamenti sul contestato testo si esauriscano effettivamente l’8 agosto. È quanto si evince da una lettura del regolamento del Senato. Le votazioni sul testo vanno infatti effettuate tutte e comunque, anche se i senatori non potranno intervenire nel merito. E considerata la mole di emendamenti presentati, non è assolutamente detto che la scadenza dell'8 agosto possa essere effettivamente rispettata: basta che i senatori di opposizione chiedano a raffica la verifica del numero legale o sollevino incidenti procedurali perché i tempi si dilatino a dismisura. Il governo, però, non intende retrocedere e punta a chiudere entro la data fissata nella capigruppi di oggi. "L'ultima parola sulle riforme sarà comunque dei cittadini", assicura il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi confermando il referendum sulle riforme e lanciando su Twitter l'hashtag #noalibi subito ritwittato dallo stesso Renzi.
Per il premier la partita delle riforme è cruciale su troppi tavoli per aprire a rinvii o a mediazioni estenuanti. In Europa per dimostrare la credibilità, prima di tutto sua, e cercare di incidere sulla flessibilità necessaria a rilanciare la crescita che, ammette oggi per la prima volta Renzi, stenta a riprendere. Ma prima di tutto in Italia. "Io ho preso un impegno con i cittadini, quel 40,8%, che mi hanno votato. E su quell’impegno mi gioco la carriera", è la determinazione del presidente del Consiglio. Che ai suoi ha ribadito fino ad oggi, quando anche le ultime porte di trattativa sembrano essersi chiuse, la linea: alcuni margini di confronto ci sono ma "l’ostruzionismo non esiste, chi fa ostruzionismo va contro la volontà dei cittadini". La decisione della tagliola sui tempi, spiegano ambienti governativi, non è stata presa per timore sull’esito del voto ma per evitare di essere in balia di una lunga estate o, peggio, di un rinvio a settembre. Per dimostrare che sono i cittadini, non politici spesso nominati o "alla ricerca di visibilità", l’unico referente del premier, Renzi decide nel pomeriggio di confermare in ogni caso il referendum popolare sulle riforme. "Io non mi faccio fermare - tira dritto il presidente del consiglio - la riforma del Senato è solo l’antipasto, la prima tappa di un percorso che prevede la rivoluzione nella pubblica amministrazione, il jobs act, la riforma della giustizia dei cittadini". Per questo il premier reagisce con fastidio ma senza turbarsi alla "salita" al Colle delle opposizioni per protestare contro la decisione di contingentare i tempi sul ddl costituzionale e chiudere l’8 agosto. "Non si è mai visto - contrattaccano i renziani - un dibattito cos ampio, dentro e fuori le sedi parlamentari, su provvedimenti che il paese aspetta da 20 anni e che, in ogni caso saranno sottoposti al giudizio degli elettori con il referendum, il massimo istituto democratico".
Certo, la protesta al Colle è per Renzi una zeppa sul confronto aperto coi Cinque Stelle sulla riforma elettorale: non si può dialogare con chi oscilla, oggi vuole le riforme e domani no. "Non mi faccio prendere in giro", taglia corto il premier.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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