Resa dei conti Cina-Usa: così l'Oms diventa un ring

Oggi l'assemblea mondiale dopo mesi di accuse tra le due superpotenze. E Obama attacca Trump

Resa dei conti Cina-Usa: così l'Oms diventa un ring

Dopo settimane di schermaglie verbali a distanza, lo scontro tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping troverà oggi e domani un teatro concreto per il suo svolgimento. Lo fornirà l'assemblea generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ed è difficile immaginare un contesto più appropriato: il dilagare negli States dell'epidemia di Covid-19 con un milione e mezzo di contagiati e oltre ottantamila morti finora ha aperto un fronte incandescente nella polemica tra Washington e Pechino, che con la battaglia sui dazi era già il tema prioritario della politica estera del presidente-tycoon. Trump in difficoltà in patria per la gestione insoddisfacente dell'emergenza sanitaria - non ha esitato a rivolgere accuse molto pesanti alla dirigenza cinese, a suo dire responsabile di aver lasciato diffondere il mortifero coronavirus da un suo laboratorio segreto nella città di Wuhan, la prima investita da quella che in seguito si sarebbe trasformata in una pandemia fuori controllo. Pechino ha reagito ostentando indignazione, e pretendendo che la Casa Bianca portasse le prove delle sue affermazioni, il che a tutt'oggi non è avvenuto nonostante il segretario di Stato Mike Pompeo si fosse molto sbilanciato parlando di «numerose evidenze».

Lo scontro è proseguito con altre accuse americane, stavolta più fondate, alla Cina, chiamata a giustificare di aver nascosto informazioni preziose all'inizio dell'epidemia e di aver in seguito cercato di trarre ingiusti vantaggi dalla situazione di emergenza che si era a quel punto determinata. Trump si era spinto a minacciare di chiedere a Pechino un indennizzo per i danni arrecati dalla pandemia, e ieri ha alzato ancora i toni asserendo di «non avere alcuna voglia di parlare con Xi Jinping» e di star considerando il blocco dei cruciali negoziati bilaterali: parole da campagna elettorale, pronunciate mentre l'ex presidente Barack Obama lo attacca sempre più duramente accusando la sua amministrazione di «non sapere neanche quello che fa» per contrastare l'epidemia. Da oggi sia pure in videoconferenza a causa del rischio Covid l'assemblea mondiale dell'Oms offrirà dunque un'occasione di confronto diretto tra cinesi e americani, rappresentati dai rispettivi ministri della Sanità. L'amministrazione Trump da tempo ha messo nel mirino la stessa Oms e il suo direttore generale, l'etiope Tedros Ghebreyesus, accusato di essere filocinese al punto da aver nascosto il vero livello di gravità dell'epidemia scoppiata in Cina, ignorando l'allarme sul coronavirus che era stato lanciato già lo scorso 31 dicembre. Per questo Trump ha fatto sospendere da mesi il cospicuo contributo annuale americano all'Oms: 600 milioni di dollari, che coprono da soli un decimo del bilancio complessivo dell'organismo sanitario dell'Onu.

Oggi e domani Washington non solo rilancerà le sue accuse a Ghebreyesus e alla Cina, ma aprirà un ulteriore fronte di polemica politica. Trump intende infatti sostenere la richiesta di Taiwan (la piccola e battagliera Cina nazionalista filoccidentale che Xi pretende di considerare una sua provincia ribelle) di partecipare ai lavori dell'assemblea in qualità di osservatore, come già era accaduto tra il 2009 e il 2016.

Una mossa che avrebbe il suo fondamento nell'eccellente gestione dell'epidemia (solo 440 contagi e 7 decessi) da parte del governo democratico di Taipei, che contrappone il suo modello di efficienza a quello autocratico di Pechino, ma che sembra soprattutto mirato a sconfessare la pretesa di Xi di essere l'unico legittimo rappresentante cinese.

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