Dopo le proteste dei governatori, dei sindaci e soprattutto quelle di mezza maggioranza di governo, con l'irritazione di buona parte del Pd e di Italia Viva, il premier Conte valuta la marcia indietro sulle restrizioni imposte per il 25, 26 dicembre e 1 gennaio con il divieto di uscire dal proprio comune. L'orientamento è quello di una modifica al decreto già in Parlamento o di un nuovo provvedimento per consentire gli spostamenti e venire incontro alle esigenze di chi abita in comuni piccoli, limitrofi, isolati, con parenti stretti e familiari che risiedono in un comune diverso seppur a pochi chilometri di distanza.
La via per le modifiche potrebbe essere un intervento sul dpcm del 3 dicembre o un aggiornamento attraverso la sezione Faq del governo, dove si potrebbe indicare un'interpretazione più estesa delle motivazioni di «necessità» che giustificano sempre lo spostamento tra Comuni, insieme con esigenze di lavoro e motivi di salute. D'altronde le proteste si erano levate da nord a sud, dai comuni alle Province alle Regioni. E anche lo stesso Comitato tecnico scientifico, che incarna la linea del rigore e della prudenza, aveva proposto una deroga che però non era stata presa in considerazione da Palazzo Chigi. Che si era limitato a fare sapere che sarebbe stato possibile uscire dal proprio comune nei giorni di Natale, Santo Stefano e 1 gennaio solo per assistere persone non autosufficienti, trattandosi di una situazione giustificata da motivi di «necessità». E invece lo stesso Di Maio ieri ha scritto su Facebook che «è assurdo che non ci si possa spostare tra piccoli comuni quando ci sono città con milioni di abitanti».
Era stato il capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci a ricevere una lettera dei senatori piddini con la pressante richiesta al governo di modifica. E lui aveva rivolto un appello a Conte: «Spero ancora di riuscire a modificare il decreto del governo per allargare il raggio degli spostamenti di chi vive nei piccoli Comuni, durante le giornate del 25, 26 dicembre e 1° gennaio. L'Italia non è fatta solo di grandi città. Lunedì spero che la maggioranza abbia una proposta concreta da sottoporre al Governo, durante la capigruppo in Senato», ha detto. Ieri invece il viceministro della Salute invece ha detto che «le restrizioni del Dpcm di Natale fanno male, fa male averlo fatto, nessuno è contento di mettere restrizioni, ma è necessario per evitare una recrudescenza massiva dell'infezione. Capisco mia madre che è dispiaciuta perché saremo separati a Natale, siamo in due paesi diversi, è una sofferenza anche per chi ha fatto il Dpcm, ma è necessario. Oggi siamo tutti arruolati nella guerra al coronavirus, medici e personale sanitario sono in prima linea, noi cittadini, nelle retrovie, con i nostri comportamenti facciamo parte del sistema sanitario nazionale, ognuno di noi evita il contagio di qualcun altro».
Intanto da 24 ore l'Unione europea è diventata «zona rossa» per l'Italia.
Dal 10 al 20 dicembre infatti, in base all'ultimo decreto della presidenza del Consiglio, chi entra nel nostro Paese dall'area Schengen per rientrare o fare visita ai parenti può farlo solo con un tampone negativo prima dell'imbarco. Senza tampone negativo scatta l'isolamento fiduciario una volta arrivato in Italia. Ma diversi i dubbi sulla catena dei controlli. Molti è affidato al buon senso dei viaggiatori.
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