Da Mosca arriva il conto salato delle sanzioni europee. Roma non viene risparmiata. L'Italia finisce nel mirino di Gazprom, insieme con la Germania. Ieri il gruppo russo ha ridotto del 15% le forniture di gas a Eni, senza alcuna giustificazione formale: «Le ragioni della diminuzione non sono state al momento notificate. Eni sta costantemente monitorando la situazione», riferiscono dal colosso italiano. Nelle stesse ore Gazprom ha annunciato un ulteriore taglio anche alle forniture alla Germania attraverso il Nord Stream, con una riduzione della capacità del gasdotto a 67 milioni di metri cubi al giorno: un taglio del 33%, dopo quello del 40% con cui Mosca aveva già ridotto i flussi da 167 milioni a 100 milioni di metri cubi. La decisione di Gazprom ha fatto schizzare le quotazioni europee dell'oro blu in rialzo del 17%. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha fatto sapere che «l'andamento dei flussi di gas è costantemente monitorato in collaborazione con gli operatori e che al momento non si riscontrano criticità».
Se sull'Italia il taglio è stato deciso senza alcuna spiegazione quantomeno formale, Gazprom ha giustificato il taglio a Berlino con la mancanza di forniture da parte di Siemens di materiale per i compressori di una turbina a gas alla stazione di compressione di Portovaya. Si tratta, invece, secondo il ministro dell'Economia Robert Habeck, di una «decisione politica. Non è stata una decisione tecnicamente giustificabile», quella di attribuire il taglio alla «riparazione».
Dalla Commissione Ue frenano gli allarmismi sulle conseguenze: «Non c'è alcuna indicazione al momento di rischi sulle forniture energetiche», dice il portavoce Tim McPhie. Che conferma però l'assenza di risposte di Mosca rispetto alla ritorsione su Eni: «Allo stato attuale sembra non sia stata fornita alcuna spiegazione per il taglio della fornitura di gas all'Italia da parte di Gazprom». Tutto accade mentre ieri al Cairo la commissaria Ue Ursula Von der Leyen firmava il memorandum d'intesa con Egitto e Israele, definito un «accordo storico. Stiamo costruendo un'infrastruttura» che deve essere pronta anche per il «trasporto dell'energia pulita del domani», cioè l'idrogeno.
Ma la notizia dei tagli a Eni e Germania ha provocato tensioni sui mercati con la chiusura in forte rialzo per il prezzo del gas naturale sulla Piazza di Amsterdam. I contratti futures sul mese di luglio sono saliti del 24% a 120,33 euro al MWh, ritornando ai livelli dello scorso 30 marzo. In crescita del 31,15% a 257,78 penny al Mbtu le quotazioni del metano a Londra. Con quali conseguenze? «Non possiamo pensare di fare l'embargo sul petrolio e sul carbone senza che la Russia poi prenda delle contromisure», spiega all'Agi il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli. «Possiamo - precisa - vederci anche una certa delicatezza nel prendere queste decisioni perché se lo facesse a novembre o a dicembre sarebbe peggio. È una conseguenza, non automatica ma comprensibile per quanto tragica, per noi e per la stessa Russia però fa parte del gioco delle parti in questo momento». L'impatto ora è anche sul riempimento degli stoccaggi che «stavano già procedendo in maniera rallentata. Sono bassi rispetto al rischio di interruzione per questo inverno, andiamo incontro a una situazione di rischio di forniture fra qualche mese e non abbiamo ancora le scorte piene. È grave e pericolosissimo».
Quanto ai prezzi, secondo un'analisi del centro studi Confindustria, che ha confrontato l'impatto del caro energia sui costi di produzione, rispetto a Francia e Germania, l'Italia è quella che rischia di avere i maggiori danni: l'incidenza dei costi energetici sulla produzione viene stimata all'8,8% nel 2022, più del doppio dei francesi (3,9%) e quasi un terzo in più dei tedeschi (6,8%).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.