Strada spianata per la riforma della legittima difesa, che ora corre senza ostacoli verso l'approvazione al Senato, che potrebbe arrivare entro la settimana. È l'effetto dell'accordo sul «condono», del ritiro della «manina» che aveva innescato sul decreto fiscale una crisi di governo. Nelle ore concitate dei vertici e delle trattative, il vicepremier, Matteo Salvini, aveva rinfacciato all'altro vicepremier, Luigi Di Maio, gli 81 emendamenti presentati dai senatori grillini al suo decreto sicurezza e quelli al disegno di legge sulla legittima difesa, bandiera del Carroccio. Troppi e insidiosi, da parte di un alleato di governo. «Me ne occupo io», era stata la rassicurazione di Di Maio. Così, mentre il decreto sicurezza deve ancora approdare in aula, ieri è arrivato quello sulla legittima difesa. Dal quale sarebbero stati ritirati i sette emendamenti pentastellati che avrebbero potuto scardinare il cuore della riforma leghista. Tutti, infatti, puntavano ad attaccare il principio base del provvedimento elaborato dal Carroccio: ovvero che la difesa sia sempre proporzionata quando si agisce in casa o nel luogo di lavoro, e che sia sempre giustificata da uno stato di «grave turbamento». I firmatari sono gli ortodossi del movimento, i più insofferenti all'alleato verde, Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori. Le modifiche, che volevano limitare i casi di non punibilità per chi spara e indebolire il principio della legittima difesa sempre presunta, potevano complicare l'iter di una legge che invece il ministro dell'Interno è determinato a portare a casa entro l'anno. Ulteriori compromessi avrebbero rallentato il percorso legislativo, svuotato il provvedimento e creato nuove frizioni in maggioranza dopo quelle sul decreto fiscale. Tanto che già in commissione, pochi giorni fa, alcuni emendamenti grillini erano stati ritirati dopo un vertice di maggioranza al ministero della Giustizia, con il Guardasigilli Alfonso Bonafede. I tre del grillino Massimo Urraro, per esempio, indebolivano l'impianto base considerato «intoccabile» dai leghisti, perché puntavano a depennare lo stato di «grave turbamento» dalle ipotesi di non punibilità. Infine, i tre senatori del Movimento chiedevano anche che venisse riconosciuta in sede civile la responsabilità del soggetto che si è difeso, mentre il testo all'esame di Palazzo Madama la esclude se si è agito per legittima difesa. Oggi un'altra capigruppo farà il punto sui tempi, ma c'è chi spera che il voto finale al ddl possa arrivare già domani.
Dopo la ritirata, la battaglia si sposterà sul decreto sicurezza, che comincerà il 5 novembre l'esame in Senato: in trincea c'è lo stesso gruppo di pentastellati che fa riferimento al presidente della Camera Roberto Fico, sempre più distante dalle posizioni di Salvini su immigrazione e sicurezza. E qui, giurano i senatori, niente dietrofront: «Ci sono alcuni principi sui quali non posso deflettere avendo giurato sulla Costituzione, da militare - ha detto De Falco - E mantengo questo giuramento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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