Rivolta nel carcere di Piacenza Urla, aggressioni e inni all'Isis

A scatenare la guerriglia alcuni detenuti magrebini che hanno attaccato gli agenti e inneggiato alla jihad

Flavia Mazza Catena

La guerra in carcere inneggiando all'Isis. È successo l'altro ieri a Piacenza nel carcere delle Novate, poco prima delle 16. Inizia tutto con urla a squarciagola nella sezione A, dove sono avvenuti i fatti e dove sono recluse 15 persone: 14 maghrebini e un italiano. Dopo qualche secondo il finimondo. Sedie contro i caloriferi, brande contro i televisori, lavandini divelti. Ma anche suppellettili e telecamere spaccate, celle allagate dopo aver sradicato gli idranti dai muri. L'inferno.

Il là lo danno due maghrebini. E a loro si uniscono, via via che passano i minuti, altri otto extracomunitari. E non a celle chiuse. Già, perché questo è uno dei tantissimi istituti di pena che adotta il regime di sorveglianza aperta, anche detto di «sorveglianza dinamica». Cioè celle spalancate e detenuti che girano un po' dove vogliono, come da indicazione delle Corte europea per i diritti dell'uomo. Ma in quel momento in forse sono finiti i diritti delle guardie carcerarie che si sono trovati davanti alla guerriglia «senza avere il benché minimo strumento idoneo per poterla fronteggiare a dovere: niente giubbotti attrezzati come la nuova tecnologia esigerebbe, niente spray per cercare di sedare persone fuori di sè», come ha spiegato al Giornale Angelo Urso, segretario generale Uilpa Penitenziari. La direzione prende, allora, al volo la decisione di richiamare in servizio 15 agenti, alcuni dei quali avevano già lavorato fino a tarda mattinata. Del resto l'urgenza c'è e non ci sono altri strumenti per cercare di salvare la situazione. Nel frattempo le guardie carcerarie sentono di tutto: i detenuti inneggiano alla jihad, come ad Allah e all'Isis. Ma la direzione del carcere ieri ha smentito tutto. In ogni caso, per questi fatti sono stati denunciati in 10 e si contano 20mila euro di danni. E ieri sono stati convocati due summit in carcere. Uno tra le forze di polizia, l'altro tra la direzione dell'istituto di pena e i dipendenti. Con l'indicazione di nuove direttive d'azione quotidiana più restrittive.

I numeri parlano chiaro. Questo carcere ospita 328 detenuti stranieri, il 67% della popolazione carceraria totale. Il che ha portato Pietro Pisani, segretario del carroccio locale, a dire: «gli stranieri in carcere sono moltissimi, urge vigilare sulla sempre possibile costituzione di cellule radicali». Del resto, non è la prima volta che la direttrice Caterina Zurlo deve fare i conti con casi limite. A novembre 2015 era fioccata sul suo tavolo una relazione di angherie compiute da un gruppo di islamici radicali proprio in questo carcere. Intanto Gennaro Narducci del sindacato di polizia penitenziaria Uspp in una nota sottolinea che «il personale che lavora in carcere a Piacenza nelle parti comuni, ormai non opera più in condizioni di sicurezza. Il personale non si sente più tutelato. Il regime aperto si è rivelato un vero e proprio fallimento.

E magari questi detenuti che ogni giorno sono lì a barcollare nella sezione dovrebbero anche avere qualcosa fa fare». Gloria Zanardi, consigliere provinciale di Forza Italia tuona: «Dopo fatti gravissimi di Piacenza mi farò portavoce per arrivare a avere risposte dal governo Renzi». Intanto sui fatti la procura ha aperto un'indagine.

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