Milano - Nelle inchieste che riguardano i cittadini comuni, se un pubblico ufficiale viene scoperto a fare la «talpa» per conto di qualche indagato, normalmente viene licenziato, indagato, spesso arrestato. Ma il dottor Alfredo Robledo non è un cittadino, è un magistrato. E così il Consiglio superiore della magistratura da una parte lo giudica colpevole di comportamenti di una gravità inaudita, scrivendo nero su bianco che ha piegato il proprio dovere di magistrato al proprio tornaconto personale, spifferando segreti sulle inchieste in cambio di appoggi politici; ma dall'altro gli consente di continuare a fare non solo il magistrato ma anche il procuratore aggiunto a Torino. Un posto chiave, di grande responsabilità.
É l'ultima (forse) puntata della guerra senza esclusione di colpi vissuta negli scorsi anni dalla Procura di Milano, con l'attacco sferrato da Robledo al procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati e al «cerchio magico» dei suoi fedelissimi. Bruti è stato prosciolto (con più di un rimprovero) ed è andato in pensione. Ma Robledo ha dovuto fare i conti con quanto era nel frattempo venuto a galla sui suoi rapporti con Domenico Aiello, difensore di Roberto Maroni e legale di fiducia dell'intera Lega Nord, scoperti dalla Dia di Reggio Calabria indagando sul lato dark del Carroccio.
Robledo, dicono le intercettazioni, si rivolge a Aiello con affetto («un abbraccio forte», «grande avvocato», «grande amico mio») e soprattutto gli preannuncia le prossime mosse delle inchieste sui rimborsi facili in Regione, rivelando la fonte delle notizie sulla Lega e garantendo che anche gli altri partiti verranno colpiti.
Il 31 maggio scorso, il Csm punì Robledo con la perdita di sei anni di anzianità e col trasferimento a Torino, ma gli restituì i gradi di procuratore aggiunto. Ieri la commissione disciplinare del Csm deposita le motivazioni della sua decisione, che sono di una durezza estrema. L'esame delle conversazioni tra Robledo e Aiello «consente agevolmente di ravvisare non solo un rapporto di complice confidenza, ma anche il senso di una utilità corrispettiva da entrambi ricercata (...) emerge come dato assolutamente pacifico che nel dicembre 2012 l'avvocato Aiello era a conoscenza di notizie riservate aventi ad oggetto gli esiti di riunioni riservate tra magistrati della Procura, gli elementi indiziari sussistenti all'epoca nei confronti dei soggetti indagati, la circostanza che altri sette od otto consiglieri regionali della Lega Nord sarebbero stati sottoposti di indagini e che analoga sorte sarebbe toccata anche ai consiglieri regionali appartenenti ai gruppi di opposizione». Aiello, poi, riferiva a Maroni e a Matteo Salvini.
Conclusione del Csm: «il tenore letterale degli sms e il contenuto dei colloqui tra Aiello e i vertici della Lega consente di ritenere dimostrato che l'Aiello aveva la disponibilità di una fonte informativa privilegiata all'interno della Procura milanese, in grado di fornirgli informazioni riservate». Quella talpa, dice il Csm, era Robledo.
Che rivelava segreti per un motivo specifico: farsi consegnare gli atti del Parlamento europeo relativi alla sua querela contro Gabriele Albertini, per poter proseguire la sua battaglia conto l'ex sindaco di Milano, e spingere la Lega a votare contro l'immunità chiesta da Albertini.Ma alla fine la sanzione è blanda, perché «il percorso professionale di Robledo è stato caratterizzato da una buona professionalità e di questa circostanza bisogna naturalmente tenere conto».
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