Cercavano un modo per cancellare il tetto dei due mandati e lo hanno trovato nei pressi del Campidoglio. E infatti nel M5s nessuno si stupisce più di tanto dello scatto di Virginia Raggi, che lunedì ha annunciato di voler correre ancora una volta per la poltrona di sindaco di Roma. Una svolta pianificata con i piani alti, strettamente collegata alla spada di Damocle di una regola fondante del Movimento che ormai nessuno vuole più. Bisognava mettere d'accordo Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Virginia ci è riuscita puntando i piedi. Prima ha convinto l'ex capo politico e Di Battista. Missione relativamente facile perché entrambi sono contrari a un'alleanza organica con il Pd. Poi ha strappato il salvacondotto di Casaleggio. Con un accordo sul «mandato zero» in trattativa da mesi, finalizzato a fine luglio durante la kermesse del Villaggio Rousseau. Rimaneva Grillo, il più scettico. Che per amore della sua creatura ha ceduto in extremis. Il sigillo sulla ricandidatura l'ha messo con un messaggio inequivocabile ma, come al solito, sintetico e simbolico. Una foto postata dal fondatore, ritratto insieme alla Raggi durante un comizio. Sopra la scritta in romanesco: «Daje!» Forza!
E però torniamo al punto centrale di questa storia: il doppio mandato. Per il momento Casaleggio è stato portato a miti consigli grazie alla mediazione del «mandato zero», lanciato l'anno scorso da Di Maio per i consiglieri comunali, ora allargato ai sindaci. Ma la deroga dovrebbe aprire le porte a un condono per tutti i parlamentari. Che in chat già fremono. «La regola del doppio mandato allora vale solo per noi?» si chiede un peone. Il timore nel gruppo parlamentare è che alla fine la spunteranno solo i big. Ovvero, i vari ministri, sottosegretari ed esponenti storici. I vertici organizzano la votazione su Rousseau per dare il via libera alla deroga per i sindaci. Nel frattempo i parlamentari insistono per accelerare i tempi di un'eliminazione totale del tetto. Nello stato maggiore si lavora alle soluzioni per dirimere il possibile scontro. Una strada potrebbe essere rappresentata da una sorta di «concorso a punti» per deputati e senatori. Presenze, produttività, iniziative sul territorio, i paletti per decidere chi sarà meritevole di un terzo mandato. Ma tutto è in evoluzione. E il nodo sarà sciolto solo durante gli Stati Generali di ottobre.
Il bis della Raggi lascia comunque degli strascichi. Una parte del M5s romano vicina alla capogruppo in Regione Lazio Roberta Lombardi, insieme ad alcuni parlamentari «contiani», aveva già messo in atto dei tentativi embrionali di dialogo con i dem su una «figura civica». Prove di convergenza stroncate dalla Raggi che sottotraccia aveva già convinto tutti i caporioni.
E c'è l'enigma Chiara Appendino. Di Maio la vorrebbe nella nuova squadra che dovrà guidare il M5s. Così anche lei dovrà decidere se ricandidarsi a Torino oppure se cedere alle sirene e lasciare spazio a un patto con il Pd.
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