Ricordate i giorni dell'elezione del presidente della Repubblica? Spiravano già venti di guerra. Anche se a confronto della tormenta di oggi, erano spifferi: ma ricordiamo bene che da sinistra e da destra molti elettori si chiesero se il «fattore umano» come lo definì lo scrittore Graham Greene, non potesse essere la vera carta da giocare prima della catastrofe.
L'intuizione purtroppo si fermò lì, ma era giusta e oggi torna d'attualità. Quale «fattore umano»? Quello più che ventennale del rapporto personale fra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin fin dagli esordi in politica di quel giovane ufficiale che sembrava l'ultima risorsa per rimettere in sesto il più vasto Paese del pianeta, che non era più l'Unione Sovietica e non era ancora la minacciosa potenza che regola i suoi conti a mano armata.
È di moda dire oggi che Putin sia una persona gelida e senz'anima. Le foto di allora lo mostrano sorridente e incuriosito dall'Occidente. Specialmente quando Berlusconi lo portò a Pratica di Mare per dichiarare chiuso il capitolo della Guerra Fredda stringendo le mani del presidente americano e dei grandi della Terra.
Oggi ci chiediamo se, come e quanto, oggi e non ieri, potrebbe ancora aver forza quel fattore umano sviluppato nel corso di una amicizia umana. È di gran moda chiamare «geopolitica» tutto ciò che possa influenzare la Storia e ci chiediamo se quello specifico fattore umano sia o non sia vera geopolitica, spendibile oggi, subito prima che sia troppo tardi.
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