Saranno le amministrative in arrivo, ma si respira una certa aria da campagna elettorale. Se da un lato Matteo Salvini armato di voucher va all'attacco del reddito di cittadinanza, approvato obtorto collo nel 2019 durante il governo Conte di cui faceva parte anche la Lega, la sinistra insiste sull'introduzione del salario minimo. C'è da dire che il fatto che Salvini abbia ripreso a picconare il reddito esclude dagli scenari economici un riavvicinamento tra Lega e M5S. Anche perché gli ultimi provvedimenti del governo Draghi, proprio su richiesta dei Cinque stelle, hanno esteso il bonus da 200 euro anche alla platea di chi già percepisce il reddito di cittadinanza. Misura contestata, oltre che dal centrodestra, dal presidente di Confindustria, Antonio Bonomi: «Manovra populista. Noi vogliamo assumere, non licenziare».
Entrambi i provvedimenti, reddito e salario minimo, sono a dir poco controversi. Ogni giorno arrivano notizie sulla cattiva applicazione del reddito, tra truffe scoperte da polizia, carabinieri, Guardia di finanza (ieri ventitré denunciati dalla Gdf a Ferrara) o addirittura assegni attribuiti a boss, affiliati e parenti di mafiosi (otto le persone a giudizio ad Agrigento). Sulla necessità di rivedere il reddito e creare un sistema di controlli efficace, il consenso è ormai trasversale e ha raggiunto anche i Cinque stelle. Ma nel centrodestra l'intenzione è piuttosto quella di trasformarlo in altro, ad esempio nei voucher dei quali ha parlato Salvini con il premier Mario Draghi o in altre misure che privilegino il lavoro sui sussidi.
Quanto al salario minimo, che esiste nella gran parte dei Paesi europei, è già arrivato il no di Confindustria e Confcommercio oltre che di esponenti del centrodestra come Mariastella Gelmini. Il ddl sul salario minimo è al primo punto nel calendario della commissione Lavoro al Senato per martedì prossimo. Nei giorni scorsi i senatori del Pd avevano protestato abbandonando i lavori perché il tema era scomparso dall'orizzonte. I ddl sono sei: due a firma M5s, due Pd, uno Cnel, uno Leu. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando (nel tondo) non ha dubbi sulla necessità di «adeguamento dei salari in alcuni comparti», quelli dei settori non colpiti dalla pandemia né dalla guerra. Anche il ministro dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, è convinto che sul tema serva «un punto di approccio comune» tra forze politiche e sociali.
Insomma, sono due mondi che si affrontano, e Salvini ha chiesto di incontrare proprio Orlando e di vedere i sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) per valutare strategie comuni sui voucher e le misure di sicurezza per combattere le morti bianche dei lavoratori. Salvini ha rilanciato i voucher in particolare per l'agricoltura e il turismo stagionale: «Per milioni di italiani meglio un lavoro vero e a tempo che a nero e un reddito per stare a casa». In passato i sindacati hanno combattuto strenuamente i voucher, o almeno il loro utilizzo indiscriminato in settori disciplinati da contratti collettivi. «Voucher? No grazie» dice oggi Nicola Fratoianni, dando un'idea del clima nella sinistra radicale: il leader di Si parla di «legalizzazione di forme di schiavitù».
A Radio Capital il segretario della Lega ha precisato il proprio pensiero sul reddito: «Ritengo che vada completamente rivisto perché così è uno strumento che non funziona, crea lavoro nero e non sviluppo», anzi secondo Salvini metterebbe addirittura in difficoltà chi gestisce un bar, un ristorante, una pizzeria un'azienda agricola, «che
fatica a trovare personale». In sintonia Anna Maria Bernini, capogruppo di Fi al Senato. Giovanni Toti, Coraggio Italia, favorevole a un ritocco dei salari, sostiene che il reddito sia «da rimodulare, non da cancellare».
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