Guerra tra i partiti sulla pace in Aula. M5s nel pallone tra banchi vuoti e il caso Di Maio

Salvini contro Luigi. Ironia Fdi: la legittima difesa solo in casa nostra? Conte tuona: basta armi. Ma i suoi votano contro lo stop all’invio

Guerra tra i partiti sulla pace in Aula. M5s nel pallone tra banchi vuoti e il caso Di Maio

Basta il colpo d'occhio sui banchi semivuoti di Lega e Cinque Stelle per capire che, proprio per le forze politiche che hanno strillato più forte per reclamare che Draghi venisse in Aula e per contestare la linea del (loro) governo, la guerra di Putin è solo una ghiotta occasione di propaganda elettorale.

A Palazzo Madama, quando alle 9 il premier prende la parola, mancano 120 senatori su 321: gli altri non hanno sentito la sveglia, o magari sono in giro per l'Italia a fare comizi per le amministrative, con tanti saluti agli ucraini. Alla Camera va leggermente meglio, ma solo perché subito dopo l'informativa di Draghi sono previste votazioni su altri provvedimenti. E dire che per settimane grillini e leghisti avevano minacciato sconquassi, chiedendo un immediato confronto parlamentare sullo stop agli aiuti militari. Ma Draghi spiega che la linea del governo resta la stessa e che l'ostacolo al cessate il fuoco è sempre Putin, tutti applaudono distrattamente e il «confronto» si riduce ad una parata di interventi su fantasiosi e improbabili piani di pace («Non so se siano più pericolosi gli ingenui o quelli in malafede», li liquida Casini), e di scambi di colpi tra alleati.

C'è Matteo Salvini, ad esempio, che spara su Luigi Di Maio: «Invece di distendere i rapporti diplomatici ha dato del cane a Putin. Se vuoi dialogare non puoi dare dell'animale». Poi passa a «consigliare» Draghi sul da farsi, tipo convincere Putin, che ha candidato Mosca come sede di Expo 2030, a proporre invece che si tenga nella città ucraina di Odessa, che il medesimo Putin sta cercando nel frattempo di radere al suolo con tutti i suoi abitanti. E - già che c'è - di chiedere sempre a Putin di «cessare il fuoco per 48 ore», che ci vuole. Del resto, «anche il Santo Padre dice che bisogna cercare la pace». A sistemare il neo-disarmista Salvini ci pensa - dall'opposizione - Ignazio La Russa, che gli ricorda le sue appassionate battaglie pro-armi e per la «legittima difesa»: «Ma se la difesa è legittima a casa tua, perché non deve valere a casa degli ucraini?», tuona l'esponente di FdI. «Senza armi come si caccia un invasore? Ditecelo». Un uppercut impietoso. Il Pd applaude, i 5S sospettano: «C'è un inciucio Letta-Meloni-Draghi contro noi e Lega».

In casa Cinque Stelle, nel frattempo, regna una certa confusione. La capogruppo in Senato Castellone, convinta di dover «evitare la Terza Guerra Mondiale», sollecita Draghi a «costruire insieme (a lei e Conte, ndr) il percorso di pace». Come? «Tornando in aula per ricevere un forte mandato parlamentare» perché a suo parere «ora si è aperta la Fase Due» e bisogna smettere di «discutere di quali armi inviare» alla resistenza ucraina e «potenziare davvero i negoziati». Quali? Boh. Il capogruppo alla Camera Crippa, invece, si schiera con Di Maio: la linea del governo, dice, «va nella giusta direzione». Nel frattempo, Giuseppe Conte è impegnato a fare marcia indietro dopo aver dato in escandescenze e accusato Draghi per la sconfitta incassata sulla presidenza della Commissione Esteri. Ora fa gli auguri a Stefania Craxi, assicura che deve «prevalere il confronto» e che tra lui e il super-governista Di Maio c'è intesa profonda: «Siamo più compatti che mai». Intanto i suoi, da Spadafora a Giarrusso, lo accusano di fare troppi «errori» e di perdere tutte le battaglie. Lui spiega che basta aiuti a quei guerrafondai degli ucraini: «Abbiamo già dato». Nota surreale: proprio mentre Conte faceva testa-coda sulla Commissione Esteri, i suoi alla Camera votavano contro un ordine del giorno degli ex grillini, mirato proprio a impedire all'Italia di inviare altre armi. Insomma, la mano destra non sa quel che fa la sinistra.

Su M5s e Lega si abbattono le critiche di altri esponenti di maggioranza: «Il nostro sostegno all'Ucraina invasa è strategico. Delimitare la libertà di manovra del premier per calcoli di politica interna viene letto all'estero in un solo modo: inaffidabilità.

Vogliamo tornare la solita Italietta inaffidabile?», chiede in aula il responsabile Esteri di Forza Italia, Valentino Valentini. Dal Pd viene un flebile «basta coi distinguo in maggioranza», mentre Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova di Più Europa attaccano Salvini e Conte: «La smettano di sabotare il governo».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica