Il «comizio» in aula di Roberto Saviano contro le politiche migratorie del governo, prima della sentenza, per convincere il giudice monocratico di Roma che dare della «bastarda» in Tv all'attuale premier Giorgia Meloni - all'epoca dei fatti leader dell'opposizione - rientra nel diritto di critica, non lo ha salvato da una condanna per diffamazione. Una condanna mite rispetto alla pena pecuniaria di 10mila euro chiesta dall'accusa: mille euro, con il riconoscimento delle attenuanti generiche tra le quali l'aver agito «per motivi di particolare valore morale». Ma pur sempre l'attribuzione di una responsabilità che Saviano vuole scrollarsi di dosso per dimostrare che la sua era una critica legittima ad un esecutivo che si accanisce contro chi lo contesta. Tanto da aver già annunciato l'intenzione di fare appello.
«Sono fiero di aver fatto questo processo. Il giudice ha riconosciuto un aspetto morale e questo mi ha fatto sorridere. Ho notato moltissimo in questi mesi il tentativo continuo del governo - basta vedere la cancellazione della mia trasmissione - di intimidire coloro di cui temono la voce. Esattamente come fa Orban in Ungheria», ha detto l'autore di Gomorra fuori dal Tribunale della capitale, circondato da un gruppo di supporter che mostravano cartelli con la scritta Contro le mafie#Con Saviano. A piazzale Clodio l'autore di Gomorra era accompagnato da un cordone di amici e sostenitori. Con lui anche gli scrittori Erri De Luca, Sandro Veronesi e Chiara Valerio, amica di Michela Murgia, sempre al suo fianco prima della scomparsa. Anche nelle dichiarazioni spontanee rese prima della chiusura del dibattimento, Saviano aveva definito la querela della Meloni un comportamento intimidatorio: «Pur nell'assurdità di essere portato a giudizio dal presidente del Consiglio per averla criticata, non c'è onore più grande che può essere dato a uno scrittore che vedere le proprie parole mettere paura a un potere tanto menzognero. Quando un giorno ci si chiederà come è stato possibile lasciar annegare tutte queste persone in mare il mio nome non sarà tra quelli dei complici. Davvero stiamo accettando che il potere politico pretenda che quello giudiziario delimiti il perimetro nel quale può muoversi uno scrittore? È così difficile notare la sproporzione tra chi ha il potere politico e chi ha solo le proprie parole? Sono abituato a pagare un prezzo per ogni parola. Impedire il dissenso significa colpire a morte il cuore pulsante della democrazia», ha detto lo scrittore.
Nel dicembre del 2020, parlando della morte di un bambino in un naufragio nel corso di una puntata di Piazzapulita su La7, il giornalista disse all'allora parlamentare di Fratelli d'Italia e al leader della Lega Matteo Salvini: «Bastardi, come avete potuto?». La Meloni decise di agire in sede legale, rivendicando la sua scelta anche una volta divenuta premier.
Per il suo legale, l'avvocato Luca Libra (che aveva chiesto un risarcimento di 75mila euro) quelle di Saviano non erano critiche ma «insulti», con un linguaggio «eccessivo, volgare e aggressivo». «Il diritto di critica, anche per la Cassazione, non può travalicare nell'uso dei termini e dal rispetto delle persone», ha ribadito.
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