Ad una settimana esatta dal primo scrutinio, il braccio di ferro sul Quirinale si sposta sulle questioni regolamentari. Magari noiose, certo. Ma in alcuni casi decisive. E sulle quali avrà un ruolo centrale il presidente della Camera, Roberto Fico. Sarà lui, infatti, il padrone di casa quando lunedì 24 gennaio alle 15 il Parlamento si riunirà in seduta comune per dare il via alla corsa al Colle. E sarà soprattutto lui a valutare e decidere in ultima battuta su alcuni passaggi fondamentali del processo di voto. Se nelle sedute della Camera cosiddette “ordinarie” la conferenza dei capigruppo e la giunta per il regolamento sono organismi che hanno un peso determinante, la seduta quirinalizia – che coinvolge non solo i deputati, ma anche senatori e delegati regionali – ha infatti la particolarità di essere gestita in maniera pressocché autonoma dalla presidenza.
Due le questioni calde. E la prima entrerà nel vivo già oggi a metà pomeriggio, quando si terrà la conferenza dei capigruppo della Camera. Il Covid – e la possibilità di far votare eventuali positivi – è infatti diventato da tema sanitario una questione politica. E rischia di essere il primo, vero terreno di scontro della partita quirinalizia. Con il centrodestra che chiede con forza di trovare una soluzione che permetta il voto e il centrosinistra che invece nicchia. Il convitato di pietra del dibattito in corso, d’altra parte, ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. Che se dalla quarta votazione vuole avere la speranza di arrivare al quorum di 505 voti ha bisogno – almeno – di tutti i voti potenziali del centrodestra. Ragione per cui la questione, che fino ad una decina di giorni fa appassionava anche autorevoli esponenti e costituzionalisti del Pd, pare ora passata in secondo piano. Il confronto-scontro, insomma, non è tecnico e regolamentare, ma politico.
Giovedì scorso la conferenza dei capigruppo si arenò sull’impossibilità di regolamentare lo spostamento di chi è positivo. Le due soluzioni proposte, infatti, erano creargli un percorso di sicurezza per poter accedere al voto a Montecitorio oppure il voto a domicilio. Per entrambe, però, era necessario che il grande elettore fosse fisicamente a Roma: far votare un positivo a Palermo piuttosto che a Milano o Cagliari, avrebbe reso impossibile uno scrutinio simultaneo. E spostare un positivo non era considerato possibile. Il quadro, però, oggi è cambiato. Grazie a una circolare del ministero della Salute di giovedì scorso che regola lo “spostamento dei casi Covid-19” anche tra regioni diverse. Oggi, dunque, è possibile per un grande elettore positivo cambiare domicilio e recarsi in sicurezza a Roma, precondizione per poter votare garantendo segretezza e simultaneità. A quel punto, spiega il questore della Camera, l’azzurro Gregorio Fontana, “non dobbiamo inventarci nulla” e “limitarci ad applicare quello che già la legge elettorale prevede per i cittadini”, esattamente quello che si è già verificato questo fine settimana nelle suppletive della Camera che si sono tenute al collegio Roma 1. La legge prevede infatti il cosiddetto “seggio ospedaliero” a domicilio. Ed è questo che i capigruppo del centrodestra chiederanno di applicare anche all’elezione presidenziale. Lo ha già detto chiaramente il presidente dei deputati di Forza Italia, Paolo Barelli. Ed esattamente sulla stessa linea sono i capigruppo Riccardo Molinari (Lega), Francesco Lollobrigida (FdI) e pure il vicepresidente del gruppo di Italia Viva, Marco Di Maio.
Secondo Fontana, dunque, con la circolare del ministero della Sanità, di fatto “il governo ha dato gli strumenti che servivano” e ora “spetta alla presidenza, alla conferenza dei capigruppo e alla giunta per il regolamento disciplinare il tutto” prevedendo la possibilità di costituire anche per il voto quirinalizio una sezione ospedaliera a domicilio. Vedremo oggi quale sarà il clima durante la conferenza dei capigruppo. E come si risolverà il primo vero, scontro politico di questa corsa al Colle.
L’altro tema caldo dal punto di vista regolamentare è quello di come saranno lette le schede scrutinate. Non un dettaglio, perché se Fico si limitasse al solo cognome, senza nome di battesimo o abbreviazioni varie, sarebbe difficilissimo “contare” i voti e, quindi, frenare eventuali franchi tiratori.
Ma su questo il presidente della Camera può decidere in massima autonomia, perché valgono i precedenti che sono i più diversi (l’ultima volta Laura Boldrini lesse fedelmente la scheda). Anche questa, una scelta “regolamentare” che potrebbe pesare non poco sull’eventuale corsa al Colle di Berlusconi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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