Basta un numero extralarge per capire: 8mila ragazzi radunati in un fazzoletto di terra, sotto il sole cocente. Come se il Covid non fosse mai passato su questa terra. Loro invece vanno avanti imperterriti sulle rive del lago di Mezzano, in provincia di Viterbo. Dieci giorni, giorni dieci di musica e assembramenti e sballo dentro un recinto che è come una Repubblica indipendente: polizia, carabinieri e guardia di finanza stanno fuori, dentro vanno avanti imperterriti, anche se la riunione è abusiva, anche se le mascherine sono un optional, anche se un giovane è morto annegato, anche se le cifre del raduno sono quelle di un'epoca passata. Il rave deve durare dieci giorni e dieci giorni durerà, salvo improbabili colpi di scena. La fine è prevista per il 22 agosto, i controlli - all'uscita - sono punture di spillo, si parla anche di trattative fra gli organizzatori e le istituzioni. Ma la sostanza è che le regole, quelle elementari e talvolta fastidiose che ci siamo dati per riprenderci brandelli di convivenza civile dopo l'esplosione della pandemia, qui sono sconosciute. I residenti protestano, i turisti scappano. Fatti loro. Lo Stato fa la faccia feroce con i ristoratori, multati appena sgarrano, ha messo in naftalina le discoteche dove ci si dimena per una sera, non per più di una settimana senza interruzioni, ed esige il Green pass pure all'ingresso dei parchi tematici. Se sali sul trenino di Leolandia o sull'ottovolante di Gardaland devi esibire il certificato. Qua invece è tutto libero. È tutto è affidato al buonsenso dei partecipanti che non hanno alcuna intenzione di smontare le tende. Altro che tamponi e vaccini, siamo in un'altra dimensione e lo Stato, per evitare scintille, ha scelto un approccio ultramorbido. Il decalogo che ci siamo dati vale ovunque, non al rave. La diplomazia, ovvero la tolleranza oltre la decenza, per scongiurare pericolose prove di forza. In pratica, mani in alto, lo Stato si è defilato o sta ai bordi. Questo mentre migliaia di italiani non possono andare a trovare i padri e le madri in ospedale, perché una visita di pochi minuti, pur con tutte le precauzioni, potrebbe far dilagare il contagio che non se ne vuole andare. D'accordo, non tutte le situazioni sono uguali, ma pure le eccezioni non dovrebbero essere così sfacciate. In questo modo si aprono nuove strade al virus, ma soprattutto si indebolisce e perde credibilità un Paese che ha due pesi e due misure. Noi, ossessionati dai centimetri e dai divieti, loro liberi di fare ad oltranza un po' quello che gli pare.
Le notizie che arrivano dalla Tuscia sono una cartolina sconfortante: nei giorni in cui si definisce la griglia rigida delle prescrizioni per sessanta milioni di italiani, gli ottomila del rave si girano dall'altra parte e chi ha l'uniforme pure: la festa può continuare.
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