La Fiera e il Policlinico, l'efficienza di rito ambrosiano che sposa la filantropia di lunga tradizione sotto la Madonnina, anche lei invocata in questi terribili giorni dall'arcivescovo Mario Delpini. Per farci vincere questa terribile guerra arrivano i nostri. E non ci hanno nemmeno messo tanto tempo, appena dieci giorni per costruire il più grande reparto di terapia intensiva d'Italia. Qualcuno dice anche d'Europa.
Non un ospedale da campo con le brandine come quello visto in Spagna (sia detto con tutto il rispetto), ma una struttura attrezzatissima e supertecnologica che servirà da hub per tutto il Paese e diventerà un esempio da manuale di come si possa affrontare un'emergenza sanitaria e frutto, non va dimenticato, del sapiente intervento di Guido Bertolaso che non ha voluto un lazzaretto, ma un super ospedale. Ricordate solo qualche settimana fa quando ai telegiornali vedevamo il coprifuoco in una Wuhan spettrale e con incredula ammirazione raccontavamo di quel nosocomio messo in pedi in soli dieci giorni? «Roba che solo i cinesi», dicevamo al bar commentando cose che ci sembravano dell'altro mondo. E, invece, oggi ce l'abbiamo anche noi. L'epidemia, ma soprattutto un ospedale costruito in dieci giorni. All'avanguardia e perfino esteticamente bellissimo, pronto ad accogliere (anche loro miracolosamente già pronti) i 200 medici, 500 infermieri e le altre 200 figure professionali del Policlinico di Milano che avranno il compito di gestirlo.
E qui sta la seconda bella notizia per la nostra sciagurata patria finita in così gran tempesta. Perché tutto questo, come ha spiegato il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, è il frutto dei 21 milioni raccolti da 1.200 donazioni. Somme in alcuni casi milionarie, ma nella stragrande maggioranza dei casi costituite da 20, 10 e anche 5 euro di ha voluto partecipare all'impresa. Secondo quell'abitudine alla filantropia su cui poggiano le fondamenta proprio del Policlinico, fondato come Magna Domus Hospitalis o Ca' Granda già nel 1456 dal duca di Milano Francesco Sforza per la cura dei poveri, così da ingraziarsi la benevolenza del popolo ancora così attaccato alla famiglia dei Visconti. E da lì è proseguita per sei secoli la sua tradizione di cura, resa grande dalla beneficenza dei milanesi. Anche in questo caso piccoli e anche grandi donatori che lo hanno sempre considerato cosa di famiglia, come testimonia la sontuosa quadreria che il presidente Marco Giachetti ha voluto recentemente riaprire in occasione della tradizionale Festa del Perdono celebrata nel giorno dell'Annunciazione e rendere visitabile al pubblico.
Una straordinaria collezione di ritratti dei benefattori firmati da Segantini, Hayez, Molteni, Mosé Bianchi, Carrà, il Pitocchetto, Abbiati, Longoni e Sironi. Una storia che oggi continua anche nei padiglioni della Fiera.
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