Si rivede la Milano anni '80 ai funerali di Rosilde Craxi

Da Cusani a Tognoli, le esequie della sorella di Bettino Craxi riuniscono tutti. Martelli non c'è

Si rivede la Milano anni '80 ai funerali di Rosilde Craxi

Il più defilato è Sergio Cusani che passeggia fuori dalla chiesa del Suffragio e schiva i fotografi lanciati al suo inseguimento. Il braccio destro di Raul Gardini è rimasto uguale, sortilegio del tempo: è lo stesso che Di Pietro processò in diretta televisiva, neanche una ruga, solo qualche capello grigio. Persino lo stesso maglione di allora. Ma è un'eccezione. La Milano da bere, la Milano rampante e craxiana degli anni Ottanta, è invecchiata e oggi indossa i capelli bianchi. Qualcuno ha il passo strascicato, altri si nascondono dietro occhiali scuri, anche perché la commozione è forte: è il giorno dell'ultimo saluto a Rosilde Pillitteri, moglie dell'ex sindaco della metropoli Paolo e sorella di Bettino Craxi. Inevitabilmente le navate in penombra si affollano di personaggi che hanno fatto la cronaca della città, hanno attraversato i mesi torbidi di Mani pulite, hanno ceduto il bastone del comando ad altri gruppi.

Paolo Pillitteri, affranto, è a pochi metri da Carlo Tognoli che guidò la città della Madonnina dal 1976 all'86 e gli lasciò lo scettro mentre Craxi era presidente del Consiglio. Un'altra Italia, morsa dalle inchieste del pool e messa alla gogna in quella stagione nera come la pece. Con Bettino colpito dagli insulti e dalle monetine nella cornice del Raphaël.

Oggi quel furore non c'è più, oggi i potenti di allora stanno composti su e giù per le navate. Si scrutano, si riconoscono, si salutano, in qualche caso si evitano. Maurizio Prada, potente segretario dell'ultima Dc ambrosiana, impeccabile come sempre, ammonisce: «Certi rancori, certe divisioni fra correnti, certe antipatie non sfumano, anzi vanno avanti per l'eternità».

Ecco Giovanni Manzi, signore della aeroporti meneghini, poi protagonista di una lunga fuga ai Caraibi interrotta dai cronisti del Corriere della Sera. Più in là, Michele Saponara, penalista e avversario del pool in tanti processi e in tante foto ormai vintage. Gianstefano Milani, ex parlamentare dell'ala sinistra, è un fascio di capelli bianchi come Ugo Finetti, ex vicepresidente della Regione Lombardia, intellettuale, giornalista, autore di libri pregevoli, transitato pure lui per San Vittore: famose le sue lacrime nel parlatorio del carcere e la richiesta disperata rivolta gli avvocati: «Voglio conoscere la procedura per cambiare cognome, da oggi mio figlio si vergognerà di chiamarsi Finetti».

Ma la schiuma non c'è più, Finetti ha ritrovato la fierezza perduta e stringe le mani dei vecchi compagni. Avanti, in prima fila ci sono i Craxi e i Pillitteri, un'unica grande famiglia: Paolo è stretto fra i figli. Mariavittoria e Stefano, assessore nella giunta Moratti. Con loro c'è Stefania. Sull'altra panca svetta Bobo, che ricorda il padre in maniera impressionante. Stefania prende il microfono e descrive la zia: «Ruvida», lontana dai modelli photoshoppati in voga oggi, «capace di guidare lo zio Paolo dalla retrovie, dalla casa di via Marcona, nei momenti in cui tutta la comunità socialista era colpita» dall'emergere di Tangentopoli. È un discorso breve quello di Stefania ma si capisce che l'occasione è adatta per ricordare con orgoglio quella stagione piena di luci, forse pure troppe, e ottimismo, poi colpita da anatemi, fulmini e scomuniche, oggi lentamente ma costantemente rivalutata.

Stefania finisce e tutti applaudono, così come hanno battuto le mani a Mariavittoria che ha elogiato la madre, «colonna della casa nel periodo cosiddetto di Mani pulite».

Per un attimo il tempo sembra correre all'indietro. È solo un istante. Fra emozioni e assenze. Anna Craxi non c'è, provata dalle fatiche, così come Claudio Martelli e Ugo Intini. E chissà se è solo un caso.

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