La partita per affidare la gestione dei Servizi segreti italiani a un'autorità delegata è appena iniziata. E si incrocia con un'altra partita, che potrebbe iniziare nelle prossime settimane: quella del rimpasto nella squadra dei ministri nell'ipotesi si arrivi al Conte ter. Il controllo dell'intelligence è uno dei dossier divisivi nella maggioranza giallorossa. Da un lato c'è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che non molla la delega, dall'altro fronte della barricata sono posizionati Renzi e Pd: chiedono che delega sia assegnata a un'autorità terza, rispettando una prassi seguita da tutti gli inquilini di Palazzo Chigi. Gli ultimi capi del governo italiano, da Berlusconi a Renzi, hanno affidato la gestione degli apparati di sicurezza nazionale ad esponenti politici. Solo Paolo Gentiloni (per un periodo limitato) e Giuseppe Conte hanno assunto nelle proprie mani il controllo sull'intelligence. Un'anomalia su cui Renzi non molla la presa: «Il rispetto delle forme della democrazia è fondamentale. Ad iniziare dalla delega sui servizi segreti. Conte ceda e lasci la delega», ha attaccato ieri in un tweet. Sfumata l'ipotesi di costituire una fondazione, sotto il controllo della presidenza del Consiglio, per la gestione dei Servizi, ora la trattativa sembra vicina a un punto di caduta. Conte, in caso di permanenza a Palazzo Chigi, dopo rimpasto e nuovo passaggio alle Camere, avrebbe messo sul tavolo la disponibilità ad affidare a un'autorità delegata la gestione dei servizi segreti. E la trattativa corre lungo il filo Colle-Nazareno-Chigi. Ma tirando dentro Matteo Renzi. Il compromesso porterebbe alla scelta di una figura politica del Pd. Ma apprezzata dal senatore di Rignano. L'operazione avrebbe già incassato la benedizione del Colle. Negli ambienti di governo, negli ultimi giorni, sono cresciute le quotazioni di Graziano Delrio, capogruppo dei dem alla Camera dei Deputati, e Lorenzo Guerini, ministro della Difesa dell'esecutivo Conte. Renzi avrebbe già dato il via libera. Guerini e Delrio sono stati, prima della scissione e la nascita di Italia Viva, due fedelissimi dell'ex rottamatore. Delrio è stata l'ombra di Renzi a Palazzo Chigi. Avendo ricoperto prima l'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, poi di ministro alle Infrastrutture. Guerini è stato un renziano della prima ora: numero due del Pd ai tempi della segreteria nazionale. Due figure di grande equilibrio, che godono dell'apprezzamento del capo dello Stato Sergio Mattarella. Guerini parte in vantaggio; avrebbe il benestare anche da parte della neo-amministrazione degli Stati Uniti d'America, guidata dal presidente eletto Joe Biden. Con il sì di Zingaretti l'accordo è chiuso. Incastro possibile però solo in caso di rimpasto. Alla guida della Difesa, per sostituire Guerini, potrebbe andare un esponente di Italia Viva (Ettore Rosato o Maria Elena Boschi) o Luigi Di Maio, che lascerebbe la Farnesina. L'unico che non fa salti di gioia è Conte.
Primo, perché sarà costretto a cedere la delega. Secondo, perché vorrebbe alla guida dell'autorità delegata una figura tecnica. La prima scelta è l'attuale numero uno del Dis Gennaro Vecchione: un fedelissimo che difficilmente incasserà il via libera di Renzi e Pd.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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