In comune con Meryl Streep ha di sicuro i capelli. Corti, alti, cotonati, ben piegati. Il buon gusto. L'eleganza. Lo smalto rosso. La fissa per l'abbigliamento e i colori. E l'irruenza. Solo che Meryl Streep, nel Diavolo veste Prada, fa la parte della cattiva e sfonda i centri di alta moda; Grazia Collura Frassoni fa la parte dell'angelo e veste le Barbie. Di vestiti ne ha fatti oltre 8mila e ancora, a 85 anni, il prossimo nove gennaio, continua.
Genovese, trevigiana d'adozione, appassionata di Pink Floyd e Freddie Mercury, faceva la parrucchiera a bordo delle navi transatlantiche: New York, Stati Uniti, Canada. Poi, di spirito imprenditoriale e creativo, se vedeva che qualche negozio nella sua città stava per chiudere, lei lo riprendeva e lo risollevava. E così ha fatto fino a che non si è sposata. Grazia Collura la incontriamo una domenica pomeriggio nell'Atelier delle Barbie, una mostra permanente aperta nel 2015, in uno dei borghi più belli d'Italia: Portobuffolè. Il comune più piccolo della provincia di Treviso dove ancora, tra i rintocchi delle campane e il fuoco delle castagne, ci abitano appena 751 abitanti. Qui si interseca la provincia della marca con quella di Pordenone. E lo chiamano «il Borgo dell'Amore» perché dedicato ai futuri sposi.
Sta per scendere la nebbia, è quasi sera ma Grazia ci accoglie nel suo atelier carica di tempra. Scarpe da ginnastica, smalto, indossa un foulard della stessa fantasia di un vestito delle Barbie. Le Barbie custodite in delle teche, indossano vestitini uno più bello dell'altro. Vestiti interamente fatti a mano. Lei realizza tutto. Cappellini, borsette, gioielli. Le borsette le cuce con il mezzo punto. I gioielli prende quelli rotti e ne ricava perline, pagliuzze, catenine minuscole da appendere al collo delle bamboline. Tutte le Barbie rispecchiano il modello 1966. La prima Barbie invece, divenuta un'icona magica e di stile, e nata dall'idea dei coniugi Handler, è del marzo 1959. Barbie di ogni colore. Vestiti di stoffa. Pezzi unici. Qualche azienda che fabbrica vestitini aveva chiesto a Grazia una produzione in serie, ma «per fare un vestito dice al Giornale impiego dai due ai tre giorni, posso farne due simili, il resto sono pezzi unici. E poi quanto valgono?». Già. Valgono un lavoro silenzioso, maturato nel tempo, silente, taciturno, fino a che un giorno non ha deciso di uscire allo scoperto. In un baule in soffitta, durante l'ultimo trasloco, Grazia trova questa valanga di vestitini e decide di metterli in mostra.
La storia era nata per caso, da quando la figlia che ora ha 50 anni, ebbe la sua prima Barbie alla Prima Comunione. Grazia fece il vestito per la figlia e lo fece uguale per la bambola. Da lì partì tutto e un giorno d'estate in ferie a Capo Mimosa, ne realizzò oltre 200. La mostra ne ha esposti 450.
C'è il vestito fatto con la cintura di un pigiama, con le mutandine della sposa, con le carte di raso delle uova pasquali, con la tappezzeria, con pellicce vere. Perfino una Barbie vestita di visone. E poi ancora jeans, raso, seta, cotone, lana. Abiti per ogni occasione. Dal tubino nero che le ricorda il giorno del suo matrimonio. All'abito per andare a fare la spesa. Per andare a passeggio. Per andare a cena con le amiche. Per sentirsi stravagante. Per le donne in carriera. Ha riprodotto anche i vestiti dei matrimoni dei vip. Come quello di Ramazzotti e Pellegrinelli che ha incollato sul raso lo spartito di un canto di Chiesa. O ha riprodotto i personaggi televisivi: Mary Poppins con il borsone magico fatto a mano. Una precisione massima. Perline. Fascette. Sandali. Borsette. Tutto deve perfettamente combaciare.
Quando la lasciamo e guardiamo ancora questi abiti stravaganti, semplici, eleganti, quasi sentiamo il tocco delle mani che infilano perline e imbastiscono stoffe. Perché qui dentro i vestiti sembrano parlare e vivere da soli.
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