La sinistra non s'indigna se i suoi si armano

Il caso dell'ex sindaco di Taranto con la pistola alla cintura. E il Pd difendeva l'assessore Sabella

La sinistra non s'indigna se i suoi si armano
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La mano regge un bicchiere bianco di plastica ripieno di spumante, il braccio destro si alza, la giacca si sposta lasciando intravedere la pistola tenuta dalla cintura. È una calibro 38 special e da decenni il sindaco di Sel, Ippazio Stefano, la portava con sé - con regolare porto d'armi - per difendersi dalle minacce ricevute. La foto che lo ritraeva sorridente, il 21 maggio 2012,(a sinistra) fece il giro del web ma campeggiò soltanto sulle prime pagine del Giornale e del Corriere della Sera. Il clamore che suscitò durò meno di un lampo. Nulla a che vedere con il putiferio scatenato dall'improvvido comportamento del deputato di FdI Emanuele Pozzolo. Per carità, le differenze tra i due casi sono sicuramente sostanziali: Stefano venne tirato dentro da colleghi di partito e sostenitori al comitato elettorale per festeggiare la sua rielezione, dalla sua pistola a tamburo non partì nessun colpo e venne assolto nonostante la pm avesse chiesto la condanna a un anno. Ma quello che colpisce è il silenzio che avvolse la vicenda. Sfogliando i giornali dell'epoca non fu vergato praticamente nessun articolo sul sindaco pistolero di sinistra né si ritrovano dichiarazioni nemmeno delle terze linee del partiti del centrosinistra. Niente di niente. Zero dibattito. Con una sola eccezione: una lettera-appello di Vendola che in parte aveva i connotati del giustificazionismo e in parte di condanna il tutto condito dal linguaggio a cui il leader di Sel ci aveva abituati. «Non sono le armi che ci proteggeranno, è il disarmo che ci proietterà in una nuova epoca: quella in cui potremo uscire dalla infinita preistoria delle piccole e grandi guerre. Per questo ti chiedo di deporre quella stupida cosa inanimata, di buttar via quella pistola, perché tu possa sentirti pienamente protetto solo dal nostro affetto e dalla nostra stima», scriveva Vendola. Che poi aggiungeva: «Certo non è facile convivere con le minacce e le aggressioni. Certo, se ti mettono alle calcagna una protezione di polizia i giornali magari poi stigmatizzano il privilegio di un'auto blu. (...) Caro Ezio, credo di aver capito il tuo stato d'animo e la tua scelta, impulsiva e solitaria. Hai pensato che dovevi cavartela da te, non recare disturbo alle istituzioni. Ma in questo caso, scusami la sincerità, la tua generosità è un errore. Perché trasmetti un messaggio negativo, legato all'immagine del farsi giustizia da sé, del trasferire su ogni singolo individuo un compito e un potere che devono appartenere allo Stato». La missiva sortì l'effetto sperato e Ippazio l'indomani annunciò che avrebbe appeso la pistola al chiodo. E il silenzio sulla vicenda tornò a regnare sovrano. Nel 2015 ci fu un altro caso che palesò una sorta di doppiopesismo a sinistra. L'assessore alla Legalità di Roma, Alfonso Sabella (tondo), venne notato dai dipendenti del Municipio X con l'arma visibile nella fondina ascellare durante una riunione.

Orfini si schierò in sua difesa dichiarando: «Sabella ha sempre girato armato per via del suo lavoro da pm, ora si trova in un contesto molto complicato. Gli organi competenti vista la sua sovraesposizione devono valutare se concedergli la scorta». Casi simili, stessa domanda: cosa sarebbe successo se al posto di Stefàno ci fosse stato un omologo di centrodestra?

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