Se fosse un film, potrebbe essere un remake de «La Stangata», con Conte & Zingaretti (e Di Maio) nei panni degli indiscutibilmente più attraenti Paul Newman e Robert Redford.
L'avvincente plot si svolge così: il premier e i suoi dioscuri iniziano a tambureggiare annunci choc tipo «meno tasse per tutti». «Le dò una notizia», ha detto Conte alla Stampa pochi giorni fa. «Entro dicembre vareremo la riforma fiscale». A ruota si muove Gigino che, proprio mentre deve ingoiare il boccone amaro della revisione del Reddito di cittadinanza, sposta l'attenzione sul taglio delle tasse: «Va subito riaperto il tavolo della riforma dell'Irpef». Zingaretti raccoglie e rilancia: «Bene l'orientamento M5s sulla riforma fiscale. Pronti a un tavolo per lavorarci insieme». Al che Di Maio finge stupore e gioia: «Sulla riforma fiscale c'è ampia convergenza in maggioranza, ed è un bene. Ottima la proposta di Zingaretti di istituire un tavolo per lavorare insieme».
Tutto ciò, è facile capirlo, serve a distrarre media e pubblica opinione dal misero naufragio delle due misure fondanti dell'indimenticabile Conte 1, quello che - come è noto - aveva abolito la povertà. Quota 100, che ha dissanguato le casse Inps a vantaggio di pochi fortunati, non verrà rinnovata. E il reddito di cittadinanza, che doveva riportare al lavoro milioni di milioni di disoccupati, ha prodotto finora (grazie ai mitologici navigator) un numero ridicolmente basso di proposte di lavoro per i sussidiati, che in genere le hanno cortesemente declinate, preferendogli il reddito. Tanto che da Italia viva Davide Faraone invita a spedire i nullafacenti a fare almeno gli «ausiliari del Covid», prendendo la temperatura all'ingresso di scuole e supermarket.
Conte ha fatto sapere che il meccanismo del RdC andrà rivisto. I Cinque Stelle hanno fatto un po' di chiasso, ma in realtà hanno prontamente accettato: «Ogni riforma deve fare un tagliando», è il moderato ritornello su cui si è assestato il Movimento Cinque Stelle. Altro che ribellione di massa e difesa della bandiera: ora la nuova frontiera è diventata la riforma del fisco, il taglio delle aliquote, la riduzione della pressione: entro l'anno va messa a punto una legge delega, fanno sapere dalla maggioranza. E nella nota di aggiornamento del bilancio, da varare ora, ci sarà un richiamo alla riforma, dicono da Via XX settembre.
Resta da capire con quali soldi verrebbe finanziato il taglio fiscale. E qui, per l'appunto, si concretizza l'astuto piano dei novelli Newman&Redford: la riforma fiscale, ha spiegato ad esempio il viceministro Pd all'Economia Misiani ai compagni di partito, si farà, molto semplicemente, grazie al Recovery Fund. Peccato che dalla Ue si stiano sgolando per spiegare che non si può fare un taglio strutturale delle tasse grazie ad entrate straordinarie e una tantum come il Recovery Fund, di cui l'Italia (essendo il paese economicamente più arretrato) è il maggior beneficiario: «Usare quelle risorse per tagliare le tasse, invece che per investire sulle riforme e sul futuro, sarebbe un errore e un segnale negativo», ha avvertito severamente il commissario Paolo Gentiloni. Il governo italiano sembra però intenzionato a fregarsene allegramente.
E per coprirsi offre alla Ue lo scalpo di Quota 100 (che comunque era a scadenza) e del RdC, cui verrà fatto un leggero make-up. Due riforme finte in cambio di un asso fiscale da giocarsi con gli elettori. Tanto paga l'Europa.
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