"Via Siri ma voglio la flat tax". Salvini strappa con i 5 Stelle

L'ultimatum Di Maio: "Deve dimettersi". Il leghista: "Oggi porto in Cdm la tassa piatta, con M5s divisi su tutto"

"Via Siri ma voglio la flat tax". Salvini strappa con i 5 Stelle

Il M5s arma il plotone di esecuzione contro il sottosegretario ai Trasporti Armando Siri in vista del Consiglio dei ministri fissato per questa mattina. Lega e Cinque stelle restano muro contro muro. Matteo Salvini blinda il senatore leghista, senza escludere una conta nella riunione dell'esecutivo che possa portare alla revoca di Siri. La mossa a sorpresa del leader leghista è però un'altra, mettere sul piatto del governo la flat tax. Una riforma fiscale da disegnare subito, da discutere nello stesso consiglio dei ministri dove si discute del caso Siri. Il messaggio, o la provocazione, è chiara: la flat tax in cambio di Siri. Ma il M5s risponde picche in modo acido: «Ennesima farsa, propaganda becera».

Il premier Giuseppe Conte che intanto tende a smorzare la tensione: «Ci confronteremo. La situazione è molto chiara, il mio percorso è stato sempre molto lineare. Non è stata una decisione che ho preso a cuor leggero. Vedrete che domani ci sarà un consiglio dei ministri che si svolgerà molto serenamente», commenta il presidente del Consiglio nel corso di un evento a Pratica di Mare. Ma i segnali che arrivano dal Movimento non sono di distensione. Più che un consiglio dei ministri, la riunione dell'esecutivo rischia di trasformarsi in un processo contro il sottosegretario del Carroccio.

Un antipasto del clima di assedio che si respirerà oggi contro Siri è offerto ieri dal capo dei Cinque stelle Luigi Di Maio. Il ministro del Lavoro indossa i panni del pubblico ministero d'assalto, chiedendo a Siri, non solo di rassegnare le dimissioni senza aspettare il confronto con Conte, ma spiegazioni «sul mutuo fatto con la banca di San Marino. Tutti gli italiani provano a farlo ma nessuno lo fa senza dare garanzie. Il tema non è il mutuo in sé ma le garanzie». La posizione dei grillini è compatta e non lascia aperti spiragli. «Visto che tutti citano i sondaggi, dico che il 70 per cento degli italiani vuole le dimissioni di Siri: ora o si sbagliano gli italiani o si sbaglia Salvini. È l'ultimo giorno utile», rincara Di Maio. Il vicepremier dei Cinque stelle non esclude, però, la conta in Consiglio dei ministri: «Il M5s ha già tolto le deleghe al sottosegretario Siri disinnescando la possibilità di agire. Oggi completiamo il percorso con la nostra richiesta in Cdm, dovete chiedere alla Lega se hanno intenzione di aprire una crisi di governo sulla vicenda Siri».

Il pressing dei Cinque stelle, per ora, non sfonda il muro leghista. Salvini e Giorgetti non aprono all'ipotesi delle dimissioni di Siri. E rimandano la palla al consiglio dei ministri. «La Lega in consiglio dei ministri voterà contro le dimissioni del sottosegretario del Carroccio Siri ma in caso di conta non scatterà la crisi di governo» chiarisce Salvini intervistato da Nicola Porro per Matrix. Il numero uno del Viminale chiarisce la posizione della Lega in caso di scontro: «Se votano, noi votiamo contro, ma continuiamo a fare i ministri e i senatori». Il leader leghista, riferendosi all'altra metà della maggioranza ha detto: «Se vanno al voto e dimettono una persone senza che sia mezza prova se ne prendono la responsabilità».

Ma in ogni caso, il vicepremier ha ribadito ancora una volta che «l'ultima delle cose di cui hanno bisogno gli italiani è una crisi di governo». Infine, il segretario della Lega tiene a precisare che non c'è solo il caso Siri a marcare la spaccatura all'interno della maggioranza: «Sul caso Siri una spaccatura con i 5 stelle? Mi sembra evidente, non solo su questo, su Tav, su autonomia, c'è diversità di vedute».

Tra le ipotesi, anche quella di un compromesso tra Salvini e Di Maio: la testa di Siri in cambio della defenestrazione del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, in un eventuale rimpasto post-europee.

Tra il titolare del Viminale e il ministro della Difesa i rapporti sono ai minimi storici. Anche negli ambienti grillini, la Trenta non gode di grande stima. E, dunque, Di Maio avrebbe la carta per far digerire a Salvini il passo indietro sul suo sottosegretario.

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