Alla fine, l'accordo sulla manovra tra il governo gialloverde e Bruxelles c'è stato. E raggiungerlo non è stato per nulla facile, tra minacce, compromessi e colpi di scena. Tutto, come è ormai noto, ruotava attorno al famoso 2.4% del rapporto tra deficit e pil. Una cifra, questa, mai accettata dai vertici Ue. E così si è aperto il tavolo delle trattative. I due vicepremier sono contrari a ogni cambiamento della manovra. Ma poi qualcosa cambia. Il primo a fare marcia indietro è il ministro Paolo Savona che, come riporta Il Corriere, rivede "le sue teorie sul fare deficit per innescare la crescita". A queston punto, sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio non possono far altro che ripensare la manovra.
A dare il colpo di grazia alla linea dell'intransigenza e ad aprire quella del dialogo sono stati i sondaggi e i cosiddetti "mediatori", ovvero il terzetto Giuseppe Conte, Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi. Scrive a tal proposito il quotidiano di via Solferino che i tre hanno fatto sponda con il Quirinale per riuscire a trovare la quadra con l'Ue. E ancora: "L’idea dei due vice di affidare al capo del governo, nero su bianco, il compito di trattare, si è rivelata salvifica". Questa operazione ha rappresentato un punto di svolta per Conte. Da molti visto come un premier dimezzato, l'"avvocato degli italiani" si è ritagliato un ruolo di primo piano nella trattativa, arrivando perfino a minacciare (almeno questa è una delle voci girata in questi giorni) i due vicepremier di dimettersi. "Il presidente del Consiglio sono io e decido io", aveva ribadito lo scorso ottobre.
Ma come è stato possibile trovare un accordo? Come spiega Augusto Minzolini su il Giornale di oggi, si tratterebbe di una "furbata per raggirare la Ue". In pratica, si tratterebbe di una trattativa "nella peggior tradizione italica, un accordo con grandi ombre, che ognuno commenterà a suo modo oggi, lasciandosi margini per il domani. Nel bene e nel male: e questo vale per la Ue, come per il governo italiano".
Del resto, prosegue Minzolini, basta guardare i numeri per capirlo: "Se il governo si era attestato su quel totem del 2,4% quando si immaginava un tasso di sviluppo dell'1,5% per il prossimo anno, ora che tutti prevedono l'1%, se non meno, per mantenere in piedi tutte le compatibilità di quella manovra, si dovrebbe immaginare un 1,9% o giù di lì".
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