Spagna senza premier ormai da nove mesi. Ma l'economia corre

Rajoy ha poche chance nel nuovo voto alla Camera di oggi. Rischio elezioni a Natale

Spagna senza premier ormai da nove mesi. Ma l'economia corre

Madrid - È ancora caos politico in Spagna, priva di un governo dallo scorso 26 dicembre. Oggi in Parlamento i deputati saranno chiamati al secondo turno di votazioni per tentare di eleggere il presidente del Consiglio. Il premier uscente del Partito popolare Mariano Rajoy, di fatto, il leader che più votato alle legislative di giugno (137 seggi su 350, pari al 33% dei voti), ma che non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta dei 176 che lo avrebbero sollevato dal dover cercare nuove alleanze, spera ancora nell'investitura. Anche dopo il «no» di mercoledì scorso, quando ha perso 180 a 170. Tuttavia dal secondo turno (a maggioranza semplice) è molto probabile che esca un nuovo nulla di fatto per Rajoy. La prossima settimana continueranno le consultazioni e le votazioni che, se non indicheranno un nuovo premier, andranno avanti fino a ottobre. Poi toccherà a re Felipe VI pronunciare la data di nuove legislative nazionali, le terze consecutive in dodici mesi. Una data, in realtà, già esiste ed è il giorno di Natale, «con la speranza che sotto l'albero ci sia un nuovo governo», come scrive El País, il primo quotidiano di Spagna fondato assieme alla Costituzione nel 1976.

Da sempre vicino ai socialisti, anche se spesso in contrasto con alcune scelte, nelle ultime settimane ha criticato il segretario dei Socialisti Pedro Sánchez per il rigore con cui ha precluso ogni forma di appoggio ai Popolari, invocando, se non un «inciucio» di governo, una maggiore responsabilità verso gli spagnoli che iniziano a dare voce al proprio malcontento. Mercoledì in Parlamento le deboli speranze di Rajoy di strappare l'investitura a premier, ampliando la base del suo consenso, si sono scontrate col macigno del no di Sánchez che ha compattato i suo compañeros nel rifiutare qualsiasi apertura di credito verso «il leader di un partito invischiato da anni in una lunga serie di casi di corruzione», come ha recitato in aula il numero uno del Psoe, dimenticando, forse, gli altrettanti scandali di casa sua.

Rajoy continua a tener duro e non lascia la corsa. Nelle ultime settimane, grazie a un lungo e faticoso corteggiamento, è riuscito a ottenere l'appoggio dei liberali di centro Ciudadanos, guidati da Albert Rivera. E anche se questa iniezione di voti non è bastata al suo piano, l'ex premier spera di pescare nuovi alleati in quella frangia di piccoli partiti della galassia Pp.

Sull'altro versante, i socialisti di Sánchez, che attribuiscono a Rajoy la responsabilità politica di avere asfaltato importanti conquiste dello stato sociale, hanno le idee più che confuse sulle loro prossime mosse. Pablo Iglesias, il leader col codino da tanguero di Podemos, lunedì ha chiesto a Sánchez di valutare la possibilità di una maggioranza alternativa. Ma quale? Unire Psoe, Podemos e Ciudadanos per mettere fuori dai giochi il Pp appare impossibile, visto che Iglesias e Rivera da settimane si scambiano soltanto insulti. Potrebbe, invece, andare in porto un matrimonio tra Psoe e Podemos, se ci fosse il sostegno di tutte le forze indipendentiste basche e catalane che, in un ipotetico governo, chiederebbero, prima o poi, il referendum di autodeterminazione ai riluttanti socialisti, la cui unità si sfalderebbe rovinosamente.

Intanto, se cresce il malcontento fra gli spagnoli, orfani di un governo che riprenda in mano l'agenda delle riforme, anche l'economia

spagnola cresce e vede un nuovo miracolo: il Pil aumenta su base annuale del +3,4% e del +0,8% su base trimestrale. La crescita più alta nella zona Euro. Una consolazione per gli spagnoli abituati a tirare la cinghia dal 2007.

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