Starmer, il leader "assonnato" ha spostato la sinistra al centro

Il 61enne appassionato di calcio non scalda i cuori e non è un oratore. Ma è riuscito a depurare il Labour da radicali e antisemiti

Starmer, il leader "assonnato" ha spostato la sinistra al centro
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Ancora una volta controcorrente, fedeli al cliché dei bastian contrari, gli inglesi hanno scelto di virare a sinistra a dispetto di un vento continentale che soffia forte verso destra. Il labour di Keir Starmer ha vinto le elezioni politiche tenutesi ieri, ponendo fine a un regno conservatore giunto sfiancato da 14 anni di potere, 5 primi ministri di cui 4 negli ultimi 8 anni, un'instabilità politica sconosciuta a queste latitudini. Allo scoccare delle 22, appena chiusi i seggi, gli exit poll della Bbc non ammettono repliche: 410 seggi labour, 131 tories, una maggioranza stratosferica a favore di Starmer che oggi andrà da Re Carlo e che su X ringrazia tutti i volontari e gli elettori: «A tutti coloro che hanno fatto campagna per i laburisti in queste elezioni, a tutti coloro che hanno votato per noi e che hanno riposto la loro fiducia nel nostro Partito laburista cambiato, grazie». Il vantaggio del labour si è mantenuto, nelle settimane che hanno portato al voto, costantemente attorno al 20%, incolmabile per un partito conservatore che non solo ha perso il centro ma ha visto il proprio fianco destro indifeso contro la discesa in campo di Farage, che guadagnerebbe addirittura 13 seggi in parlamento.

A guidare il nuovo governo sarà Keir Starmer, 61enne patito di calcio gioca settimanalmente con gli amici alla guida del partito dal 2020, dopo gli anni rivoluzionari e divisivi di Corbyn. Figlio di un attrezzista e di un'infermiera affetta da una malattia autoimmune che la costringe paralizzata a letto, incapace di parlare, Keir è il primo della sua famiglia che si iscrive all'università, laureandosi in legge a Leeds e Oxford. Specializzato in diritti umani, difende gli attivisti che denunciano l'insalubrità del cibo di McDonald's, condivide un appartamento sopra un bordello offrendo consigli legali alle donne del piano di sotto. Diventa nel 2008 Director of Public Prosecutions, capo dei pubblici ministeri di Inghilterra e Galles, dandogli un'aura di ordine e disciplina invisa alla sinistra del partito. Nel 2015 entra in parlamento come rappresentante della centralissima Holborn and St Pancras, la zona del British Museum, e da lì comincia la sua scalata. Non un grande oratore, spesso in difficoltà nei dibattiti con Johnson, compie un mezzo passo falso anche nel primo confronto televisivo con Sunak, quando non ribatte prontamente agli attacchi del primo ministro che ripete ossessivamente che coi labouristi ci saranno più tasse. Sir sleepy, assonnato, è l'ultimo nomignolo affibiatogli dagli avversari. E in effetti la campagna elettorale labourista è stata improntata alla prudenza: poche idee con l'obiettivo primario di non creare polemiche e malumori nell'elettorato mettendo a rischio l'enorme vantaggio di partenza. Ma se la vittoria del labour poggia più sui fallimenti conservatori che non sulla capacità del suo leader di scaldare i cuori, il grande merito di Starmer è quello di aver costruito un nuovo partito labourista, compiendo le sue scelte politiche ben prima dell'attuale campagna elettorale: ripulisce il partito dei componenti più di sinistra, persegue una linea ferrea contro ogni istanza antisemita che troppo spesso aveva macchiato il partito durante gli anni di Corbyn, elogia Thatcher e il suo piano per rilanciare il Paese, rinuncia a ipercostose politiche di decarbonizzazione dell'economia, promette di fermare l'immigrazione clandestina e no, non riaprirà il dossier Brexit, benché contrario all'uscita dall'Europa.

Una decisa virata verso il centro per rendere i labouristi di nuovo votabili dalla maggioranza dell'elettorato, molti anni dopo Tony Blair, l'ultimo capace di portare il partito alla vittoria, con il trittico di successi 1997-2005.

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