Dare la possibilità agli italiani di andare in pensione a 61 anni con 41 di contributi. È il piano che ha in mente Matteo Salvini che, nel nuovo libro di Bruno Vespa "La grande tempesta", ha illustrato nel dettaglio anche la strategia per finanziare la misura in questione. In sostanza Quota 102 potrebbe essere realizzata apportando una serie di modifiche all'attuale impianto del reddito di cittadinanza. Dunque, come promesso in campagna elettorale, la misura targata Movimento 5 Stelle si appresta a essere rivista.
Il piano per Quota 102
Il ministro delle Infrastrutture ha chiamato in causa alcuni calcoli dell'Inps, secondo cui per poter mettere in piedi Quota 102 nel 2023 servirebbe circa un miliardo di euro. Dove andarlo a recuperare? Ripensando appunto il reddito grillino. "Lo recupereremo sospendendo per sei mesi il reddito di cittadinanza a quei 900mila percettori del reddito che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da 18 mesi", ha spiegato Salvini.
Nel frattempo la Lega continua a lavorare con l'intento di arrivare al superamento della Legge Fornero, ritenuta da sempre una priorità. I vertici del Carroccio e gli esperti economici del partito stanno proseguendo l'approfondimento del dossier anche nelle ultime ore. Tra le tante ipotesi sul tavolo c'è anche Quota 41: pure per partorire questa opzione, ha spiegato il vicepresidente del Consiglio, si potrebbe contare su una revisione del reddito di cittadinanza.
Il primo ministro Giorgia Meloni ha toccato il tema delle pensioni in occasione delle dichiarazioni programmatiche alla Camera. Per il capo del governo occorre riconoscere "tutele adeguate" a chi va in pensione o vorrebbe andarci. Il presidente del Consiglio ha espresso la volontà di facilitare la flessibilità in uscita. Per la prossima legge di Bilancio l'obiettivo è partire dal rinnovo delle misure in scadenza a fine anno.
La "ricetta Calderone"
Da parte di Salvini è arrivata un'apertura anche alla quota flessibile che starebbe valutando il ministro del Lavoro Marina Calderone, ovvero la possibilità di pensione per 470mila lavoratori tra i 61 e i 66 anni con 35 anni di contributi e una riduzione proporzionale dell'assegno. "Va benissimo anche questa", è stato il commento del leghista.
Invece per quanto riguarda i medici ospedalieri e il personale sanitario si sta pensando di muoversi nella
maniera opposta: "Quando hanno maturato l'età e i contributi per andare in pensione, se accettano di restare al lavoro prendono lo stipendio maggiorato di una parte dei contributi che lo Stato dovrebbe versargli".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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