Volo YT691, 72 morti, tra cui 68 passeggeri una quindicina di stranieri: indiani, russi, francesi, irlandesi, sud coreani e australiani e quattro membri d'equipaggio. Nessun superstite. Questo è il tragico bilancio dell'ennesimo incidente aereo nei cieli nepalesi. Ecco la cronaca. Ieri mattina un vecchio bimotore Atr della Yeti Airlines, una scalcinata compagnia locale, proveniente dalla capitale Kathmandu, si è schiantato al suolo non lontano dall'aeroporto di Pokhara, cittadina nota agli alpinisti di tutto il mondo per essere la porta d'accesso al circuito escursionistico dell'Annapurna.
Come raccontano i video circolati in rete, tutto si è consumato in pochi terribili attimi: l'aereo volava a bassa quota quando si è capovolto in cielo e al momento dello schianto ha preso fuoco incenerendo persone e cose. Nessuna salvezza e, al momento, nessuna spiegazione.
Gli attoniti testimoni hanno cercato di ricostruire quei tragici momenti con parole e immagini come Diwas Bohora, l'appassionato d'aereonautica che, per puro caso, ha filmato l'incidente. Come dichiarato a Storyful, l'uomo era lì per immortalare le evoluzioni dei velivoli perché «questo è il punto di virata per gli aerei che volano verso il nuovo aeroporto locale». Il suo video ora circola sui social di tutto il mondo ed è diventato una prova giudiziaria. Deevta Kal, una residente locale, intervistata dalla Bbc, ha raccontato gli ultimi istanti dell'Atr, rendendo onore allo sfortunato comandante: «Il pilota ha fatto del suo meglio per non colpire le case del centro abitato. C'era un piccolo spazio proprio accanto al fiume Seti e l'aereo ha colpito il suolo in quel punto preciso salvando così chissà quante vite. Quell'uomo è un eroe».
Appena giunta la notizia, il primo ministro del Nepal ha convocato una riunione d'urgenza presso l'aeroporto internazionale di Tribhuwan a Kathmandu per coordinare i soccorsi, costituire una commissione d'inchiesta che esaminerà la scatola nera e, una volta compresa l'entità dell'accaduto, ordinare per oggi una giornata di lutto nazionale.
Il disastro di Pokhara è uno delle peggiori catastrofi aeree avvenute nei cieli del Nepal, ma di certo non l'unico. Anzi. La lista è lunga quasi una Spoon River in tono himalayano e decisamente angosciante, funesta. Negli ultimi 60 anni il Paese ha registrato 67 incidenti aerei, un vero (e funereo) record. La penultima strage è del maggio 2022 quando il volo Tara Air, in linea da Pokhara a Jomsom, si è schiantato uccidendo 22 passeggeri ma nel marzo 2018, un aereo della US-Bangla Airlines è a sua volta caduto negli immediati pressi di Kathmandu causando 51 persone vittime. L'incidente più grave rimane tutt'oggi quello del 1992, quando tutte le 167 persone a bordo di un aereo della Pakistan International Airlines morirono nell'avvicinamento allo scalo della capitale. Due mesi prima, un aereo della Thai Airways era caduto vicino allo stesso aeroporto, uccidendo 113 persone. Amen.
Insomma volare in Nepal è spesso, troppo spesso, una lotteria o meglio una micidiale roulette russa. Nonostante che il trasporto aereo nepalese grazie all'impetuosa crescita del turismo internazionale, perlopiù costituito da appassionati delle vette e dei ghiacci provenienti da ogni parte del globo - viva da un oltre un ventennio un vero e proprio boom, le infrastrutture rimangono estremamente modeste, arretrate, spesso insicure. Non a caso, a causa della conclamata insufficiente formazione del personale di terra e d'aria e della scarsa manutenzione dei velivoli, l'Unione europea ha vietato a tutti i vettori nepalesi l'accesso al proprio spazio aereo per gravi motivi di sicurezza.
Va inoltre ricordato che il Paese himalayano ha le piste più isolate e difficili del mondo, strisce d'atterraggio avvolte da cime maestose quanto inclementi e pericolose. Una sfida impegnativa anche per i piloti più esperti.
In più il Nepal, specialmente nelle periferiche aree montagnose, non dispone di una struttura credibile per elaborazioni meteorologiche precise e soprattutto puntuali. Un rischio enorme quando si vola sul fascinoso quanto turbinoso e meteorologicamente instabile «tetto del mondo».
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