"Tassa patrimoniale". L'ultrasinistra pronta alla guerra anti-ricchi

Eliminata la riforma delle pensioni. Per i macronisti "promesse da 287 miliardi"

"Tassa patrimoniale". L'ultrasinistra pronta alla guerra anti-ricchi
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Torna il tormentone della guerra ai ricchi in Francia, promessa elettorale della gauche a due settimane dalle legislative del 30 giugno. Fra le «20 misure di rottura» annunciate entro i primi 15 giorni di un eventuale governo di sinistra e presentate ieri dal «Nuovo fronte popolare» (Nfp) contro le destre - la coalizione composta da Socialisti, Comunisti, Verdi e Insoumis - spicca il ritorno della «tassa sulla fortuna», crociata contro i patrimoni dei francesi più abbienti e prova della forte influenza dell'ultrasinistra nella stesura del programma. Non c'è solo, dunque, l'obiettivo di abolire la riforma delle pensioni tanto voluta e ottenuta dal presidente Emmanuel Macron, nonostante il furore delle piazze francesi l'anno scorso contro l'innalzamento a 64 anni. Lo zampino del leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, si fa sentire sulla decisione di puntare ai ricchi con un provvedimento che l'ex sfidante di Macron aveva inserito nel suo programma alle ultime presidenziali, quando per un soffio (21,95%) non arrivò al ballottaggio per colpa del miglior risultato di Marine Le Pen (23,15%).

Ora l'occasione è ghiotta. I sondaggi dicono che al primo turno la coalizione di sinistra è a circa il 28% contro il 31% del Rassemblement National di Le Pen e Bardella, con i macronisti di Renaissance al 18% e i Repubblicani al 6.5 ma in pieno caos. Numeri che, se confermati, proverebbero come fra i due litiganti - Macron e Le Pen - il terzo gode, ed è la gauche. Ecco quindi spuntare nel programma la tassa sulla fortuna, «rafforzata con una componente climatica», l'imposta sul reddito a 14 scaglioni invece degli attuali 5 e altre misure definite di «urgenza sociale»: l'indicizzazione dei salari sull'inflazione, il blocco dei prezzi dei beni di prima necessità, salari e pensioni minime a 1600 euro netti al mese. Obiettivi ambiziosi, che inorridiscono chi li ritiene insostenibili per le casse dello Stato, come i macroniani che calcolano costi complessivi per 287 miliardi.

Poco importa. Criticato per le sue posizioni filo-Hamas, alla fine Mélenchon strappa anche, insieme all'impegno di dichiarare un cessate il fuoco immediato a Gaza, quello di rompere con il sostegno del governo francese al primo ministro Benjamin Netanyahu, di far rispettare l'ordine della Corte internazionale di Giustizia che evoca il «genocidio» a Gaza e quello della Corte penale internazionale contro l'esecutivo israeliano. Paladino del «non allineamento» alla Nato, Mélenchon ha ceduto sull'Ucraina, di cui si sottolinea la piena difesa.

Alla fine anche Raphaël Glucksmann, leader di Place Publique che alle europee ha resuscitato il fronte socialista con cui è stato eletto, ha annunciato il suo appoggio, nonostante l'allergia per l'estremismo di sinistra e Mélenchon. Merito degli impegni «estremamente chiari» espressi nel programma su Ucraina, Israele, Europa e Gaza, dice lui.

E colpa di Macron, che con le elezioni anticipate «ha rotto tutto», facendo «precipitare la Francia nel caos» e aprendo «all'estrema destra la strada del potere». Ora l'alleanza a sinistra è l'unico modo per battere il Rn. Ma a una condizione, assicura Glucksmann: che Mélenchon non diventi primo ministro. Una speranza, non ancora certezza.

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