Più che una reale de-escalation delle tensioni dei giorni scorsi, l'impressione è che nella maggioranza abbiano deciso di mettere la sordina ad attriti destinati ad andare avanti fino a quando il governo sarà alle prese con la manovra. Così, se pure ieri si è abbassato non poco il livello dei decibel, non c'è dubbio che sullo sfondo restino grandi e piccole incomprensioni, soprattutto tra i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il secondo ieri ha disertato il Consiglio dei ministri, un'assenza motivata da «ragioni personali» che lo hanno costretto a rientrare a Milano. Nel frattempo, però, la Lega ha rilanciato la proposta di legge per aumentare di un punto percentuale il tetto pubblicitario della Rai, così da poter intervenire sulla riduzione del canone su cui da tempo insiste il Carroccio. Un fronte sul quale Forza Italia non segue affatto gli alleati, anche se Tajani si limita a dire che ogni partito «è libero di fare le proposte che crede» ma «poi spetta al Parlamento approvarle». Una questione, quella del canone Rai, su cui Salvini è tornato in serata, collegandosi con Radio Rai1 e spiegando che gli è «dispiaciuto che Forza Italia abbia impedito il taglio del canone». «Ma il governo è unito e andremo avanti fino al 2027», ha aggiunto il vice-premier. Insomma, la linea è quella di abbassare i toni, tanto che pure il portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi lavora a smussare. «Non ho detto che Salvini è un paraculetto, ma una cosa diversa e la mia frase è stata estrapolata da un ragionamento più ampio», spiega a Un giorno da pecora. Anzi, aggiunge, «con Salvini andiamo d'amore e d'accordo».
Insomma, tutto a posto. O quasi. Almeno fino al prossimo confronto-scontro sulle misure da inserire in manovra (Tajani insiste su taglio dell'Irpef e sulle pensioni minime, Salvini su flat tax, fondi per il ponte e canone Rai). Senza considerare che anche l'attribuzione delle deleghe che oggi lascerà libere il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto - da domani entrerà in carica come vicepresidente esecutivo della Commissione europea e mercoledì a Bruxelles è prevista la prima riunione del nuovo collegio dei commissari Ue - sono causa di una certa agitazione nella maggioranza. L'idea di Meloni era inizialmente quella di prendere tempo fino a gennaio. Nelle ultime ore ha guadagnato terreno l'ipotesi di una successione rapida, già all'inizio della prossima settimana. Ma questo dipenderà molto dalla scelta di spacchettare o no le deleghe. Comunque, il dopo Fitto sarà affidato a un esponente di Fdi o, nel caso, un tecnico chiaramente riconducibile a Fratelli d'Italia.
Così, il Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio scivola via in poco più di quindici minuti. E, di fatto, approva un decreto sulla giustizia che viene svuotato dalle parti più discusse. Salta la norma che avrebbe esteso le sanzioni disciplinari ai magistrati che si occupano di casi sui quali si sono pubblicamente pronunciati e slitta anche il pacchetto sulla cybersicurezza che prevedeva l'aumento della competenza della Procura nazionale antimafia sui reati informatici, provvedimento fortemente osteggiato da Forza Italia.
Ma il Consiglio dei ministri è soprattutto l'occasione per congedare Fitto - si dimetterà oggi - con l'applauso dei colleghi e Meloni che lo ringrazia per «il rigore, la passione e l'abnegazione con cui si è adoperato» (concetto ribadito durante la Cabina di regia sul Pnrr). E che le parole della premier non siano affatto di circostanza lo si capisce tornando indietro di qualche ora, quando a Bari - dopo la firma dell'Accordo di coesione tra governo e regione Puglia (che sblocca circa 6,5 miliardi di euro) - Meloni lo abbraccia commossa, con il governatore pugliese Michele Emiliano che applaude Fitto e si lascia andare a un «bravo» fuori microfono.
«Con l'incasso della sesta rata del Pnrr previsto entro la fine del 2024 - dice la premier - l'Italia si conferma la nazione che ha ricevuto l'importo maggiore di finanziamento con 122 miliardi di euro, pari al 63 per cento della dotazione complessiva di 194,4 miliardi».
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