Nuove tensioni si scaricano su Palazzo Lombardia. E non sono solo le fisiologiche scosse di assestamento del voto di domenica. Sul ponte di comando della Regione, mentre si avvicina la fine delle legislatura, la coabitazione fra presidente e vice sta diventando sempre più difficile. Il governatore Attilio Fontana, leghista, intende fare il bis, e vanta l'appoggio del centrodestra. Ma anche la sua vice Letizia Moratti ha sottoposto ai partiti la sua candidatura. Il dualismo crea un imbarazzo tale per cui una rottura non può più essere esclusa. Oggi esiste addirittura la possibilità che Moratti si veda ritirare le deleghe (è anche assessore alla Salute).
Dopo una sorta di «tregua elettorale», infatti, la dinamica è ripartita. Alle Regionali mancano solo 5 mesi, e per molti - certo - questa sarà «la partita della vita» come dice un big della Lega. Il Carroccio è in crisi, tuttavia non si può dire che le frizioni dipendano dall'esito delle Politiche. Certo, le urne hanno cambiato le carte in tavola. I rapporti di forza nel centrodestra si sono ribaltati e ora a «capotavola» starà FdI, con onori e oneri, compreso il potere di dire l'ultima parola sui candidati. FdI chiede da tempo che si dia «una risposta» alla Moratti, e ora che «dà le carte» potrà farlo. La vicepresidente, fra l'altro, è stata inserita anche in qualche toto-ministri. Qualcuno in FdI già lunedì sera ha chiesto una «candidatura forte», ma l'uscita non dev'essere letta come un «no» a Fontana, che è un uscente e ha doti di mediatore, rispettoso delle prerogative dei partiti. FdI ha fatto la voce grossa per segnalare la fine di un'epoca: l'«automatismo» per cui la Lombardia «tocca alla Lega», insomma, è roba del passato, ma ciò non significa che l'esperienza di Fontana sia necessariamente ai titoli di coda.
Quel che sembra al capolinea è il rapporto fra i due. Il presidente non ha mai alzato i toni, ma questo dualismo è imbarazzante e complica il lavoro. Negli ambienti vicini alla vicepresidente si prova a gettare acqua sul fuoco, sottolineando come lei aspetti solo «una risposta» dai partiti. Nel frattempo - si fa notare - prosegue l'organizzazione della sua «rete civica», che tuttavia viene letta come un lavorio interno al centrodestra. Un punto di partenza della sua candidatura, certo, ma da giocare dentro l'alveo della coalizione e non altrove.
Sullo sfondo, questa sì legata alle difficoltà leghiste di Matteo Salvini,
resta l'ipotesi di un atterraggio a Palazzo Lombardia di Giancarlo Giorgetti, ministro uscente (difficilmente riconfermabile), «eminenza grigia» della Lega e punto di riferimento di una fronda nordista critica col «Capitano».
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