Il Capitano ostenta sicurezza. Curiosamente taciturno sui social, salvo postare una foto in cui comunica al mondo intero d'aver mangiato Zabaione («Con tanti saluti alle diete», scherza) forse per tenersi su, Salvini ghigna. E twitta: «Mai arrendersi, mai!», Ha un piano in testa? Lui solo lo sa, mentre scruta il tramonto romano. C'è chi sostiene che il leghista sia convinto che, alla fine, Di Maio & C, tornino nell'alveare sovranista. E che, in un nuovo governo gialloverde, sarà sempre lui a farla da padrone. Se così non fosse, un'altra spina da staccare con una differenza non da poco: questa volta sul tavolo del Colle ci sarebbe solo la carta delle urne. Un disegno cinico e spietato ma di grande suggestione. Si tratta soltanto di aspettare e di godersi l'osceno e affannoso spettacolo con cui grillini e dem cercano di mettersi insieme. Un leghista vicino al Capitano conferma il mood di via Bellerio: «Un governo giallorosso? Non possono farlo, per i grillini sarebbe la fine...». Obiezione: ma se si vota due terzi di loro direbbero addio per sempre al Parlamento. Per non parlare dei renziani, maggioranza nei gruppi dem, pronti a essere decapitati dal neo segretario Zingaretti. Risposta del leghista: «Beh, noi siamo anche abituati a stare all'opposizione. Lo facciano sto mostro di governo. E poi che fanno? Riaprono i porti? Rifermano le opere? Rimettono le mani nelle tasche degli italiani? Ribloccano l'autonomia? Benissimo: prima o poi alle urne andiamo all'incasso con percentuali stellari».
Tutta questa sicumera, però, è sospetta posto che Salvini a Di Maio ha chiesto papale papale di rifidanzarsi. «Sì ma con condizioni ben precise», ricorda l'anonimo leghista che, lungi dal criticare la mossa del Capitano, rievoca la difficoltà di stare nella stanza dei bottoni con «alcuni di loro». Si sa chi siano gli «alcuni di loro», finiti nella lista nera del Carroccio: i ministri Toninelli, Trenta, Bonafede e soprattutto la Lezzi. Ossia la «Barbara» ministra per il Sud che ha messo tanta di quella sabbia nell'ingranaggio dell'autonomia che stava provocando un terremoto nello zoccolo duro dell'elettorato leghista del Nordest. Insomma, Salvini sarebbe disposto anche a concedere la poltrona da premier a Luigino ma la testa di quei ministri la vuole sul piatto e non transige. Al Capitano in queste ore arrivano rassicurazioni dai suoi che gli raccontano: «Capo, guarda che ci sono un sacco di grillini disperati. Con il Pd non ci vogliono andare e sono sconcertati. Ripetono «Ma cos'ha combinato, Matteo? Con tutte le cose buone fatte insieme in Commissione... Che disastro...». A confermare il tutto, il ministro Centinaio che giura: «Penso ci siano ancora margini, anche perché da parte dei dirigenti del M5s ci sono ancora segnali di apertura». E ancora: «Bisogna tornare a parlarsi con lo stesso stato d'animo di prima delle europee, perché sono state quelle elezioni a provocare una frattura».
Il problema è tutto di Di Maio, sostengono i leghisti. E non del tutto a torto.
Luigino è al bivio: o l'innaturale pateracchio giallorosso o il ritorno nella casa gialloverde dove, però, il «verde» ha già tradito una volta. «E chi mi dice che non sia disposto a farlo di nuovo?». E forse è proprio questo che ha in mente il Capitano.
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